Indagini della Squadra Mobile avviate nel mese di marzo 2017 e dirette dalla locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia
Nel corso della mattina di ieri gli agenti della Squadra Mobile, all’esito di attività investigative finalizzate alla repressione e al contrasto del fenomeno dell’immigrazione clandestina sulla cosiddetta rotta balcanica avviate nel mese di marzo 2017 e dirette dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Trieste nei confronti di S.M., del 1985, cittadino serbo domiciliato a Trieste, indagato con altri stranieri prevalentemente kosovari già deferiti alla citata Procura Distrettuale.
Le indagini hanno avuto inizio nel corso del 2017 a seguito di un anomalo incremento delle richieste di protezione internazionale, presentate da parte di cittadini di etnia kosovara.
I primi accertamenti hanno consentito di evidenziare come, in più di una occasione, alcuni richiedenti protezione siano stati accompagnati presso l’Ufficio Immigrazione della Questura da connazionali già inseriti nel tessuto cittadino, fornendo a corredo delle proprie istanze il medesimo recapito. Tale circostanza ha generato il fondato sospetto che i domicili dichiarati potessero essere di comodo e comunicati al fine di soddisfare uno dei requisiti richiesti per ottenere il titolo di soggiorno.
Da qui l’avvio delle indagini coordinate dalla locale Procura della Repubblica – D.D.A. supportate da attività di natura tecnica e sviluppatesi con numerosi servizi di osservazione e pedinamento operati sia nel centro cittadino che lungo la fascia confinaria con la Slovenia.
Proficui sono stati anche gli interscambi informativi sia con la Polizia Slovena che con gli organi investigativi internazionali, grazie ai quali è stato possibile acquisire notizie in ordine a soggetti operanti in Kossovo.
Gli accertamenti sviluppati nel corso dei mesi hanno consentito di disvelare l’operatività di alcuni soggetti dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È stato accertato come i migranti giungessero in Italia seguendo una rotta che dal Kosovo attraversa la Serbia, quindi la Croazia, fino al confine con la Slovenia; proprio presso tale confine i “viaggiatori” venivano fatti sostare in prossimità di una galleria ferroviaria, da cui il nome dell’operazione. Gli stessi, anche in condizioni climatiche avverse, restavano in attesa per il tempo necessario all’organizzazione del viaggio finale che prevedeva il recupero e il trasporto degli stessi a Trieste e il successivo instradamento verso destinazioni in Italia o nel centro Europa.
È stata evidenziata l’operatività di alcuni soggetti che, per il tenore delle conversazioni intrattenute con altri complici e le modalità di partecipazione ai vari trasporti dei migranti, si sono dimostrati particolarmente attivi nel gestire il traffico di clandestini.
Nel corso della complessa attività d’indagine sono stati ricostruiti, anche attraverso l’esame delle conversazioni effettuate con i sistemi di messaggistica quale “viber” presenti sugli apparati telefonici sequestrati ai passeur via via tratti in arresto, ventidue viaggi illegali che hanno permesso l’ingresso in territorio nazionale di diversi clandestini di etnia prevalentemente kosovara.
A riscontro delle attività di indagine tra la fine del 2017 ed il 2018, sono stati tratti in arresto in flagranza di reato in distinte occasioni 7 cittadini kosovari, indagati nel medesimo procedimento, colti nell’atto di trasportare numerosi clandestini kosovari in ingresso stato o dall’Italia all’Austria e Francia.
Il compendio investigativo raccolto ha così consentito di raccogliere altre fonti di prova a carico degli indagati anche residenti a Trieste e, tra questi, l’arrestato di ieri, che, dopo le formalità di rito, è stato ristretto presso la locale Casa Circondariale a disposizione dell’autorità giudiziaria procedente.