Gli uomini della Squadra Mobile stavano effettuando un controllo contro lo sfruttamento lavorativo, anche detto caporalato. Durante il controllo hanno scoperto che gli operai stavano curando la crescita della marijuana. Vivevano in condizioni degradanti in ambienti privi di qualsivoglia requisito igienico. La marijuana sul mercato avrebbe fruttato da 500.000 ad 1 milione di euro, in base alla tipologia di essiccazione.
La Polizia di Stato - Squadra Mobile e Commissariato di Vittoria - ha tratto in arresto R. R. Vittoriese, classe 1963, M.H., nato in Bangladesh, classe1977 e B.H., nato in Bangladesh, classe 1977, per coltivazione di cannabis sativa e detenzione di olio di cannabis, marijuana ed hashish confezionati e pronti per la vendita.
Neanche dopo 24 ore dall’arresto di Gurrieri per la coltivazione di oltre 6.000 kg di marijuana, gli uomini della Squadra Mobile e del Commissariato di Vittoria, durante un controllo programmato per il contrasto del c.d. caporalato, hanno rinvenuto un’altra piantagione traendo in arresto il titolare e due dipendenti.
Gli uomini della Squadra Mobile, già nel mese di giugno e luglio scorsi, avevano tratto in arresto diversi titolari di aziende che sfruttavano la manodopera dei braccianti agricoli facendoli vivere in condizioni degradanti, approfittando del loro stato di bisogno.Già qualche giorno prima, l’azienda era stata oggetto di un’attività di osservazione da parte dei poliziotti ed erano stati notati degli operai stranieri intenti a lavorare.In data 2 maggio, dopo aver effettuato ancora una volta un’attività di osservazione dell’ingresso degli operai e del titolare all’interno dell’area, gli operatori della Polizia di Stato procedevano al controllo dell’azienda.Una volta dentro, unitamene a personale della Polizia Scientifica che videoriprendevano tutto, gli investigatori, preliminarmente, individuavano gli operai ed il titolare che impartiva loro gli ordini.Dopo averli identificati, gli uomini della Squadra Mobile conducevano gli operai presso le abitazioni che ivi insistevano. Gli unici due operai presenti vivevano in due vecchissimi bungalow in vetroresina in condizioni fatiscenti. All’interno vi erano due reti per materassi guaste e le condizioni igieniche erano disastrose, in una parola, inumane.Le porte e le finestre del bungalow erano state create con pezzi di legno marci e plastica, esattamente come si fa con i recinti per animali.Considerata la gravità di quanto constatato gli accertamenti proseguivano estendendo il controllo ad altre strutture adibite a magazzino dove mancavano i più elementari requisiti di sicurezza sul luogo di lavoro.Nelle more delle ispezioni dei locali sopra descritti, altri uomini della Polizia di Stato proseguivano la ricerca degli operai all’interno delle serre dove solitamente si nascondono (giuste disposizioni dei datori di lavoro), al fine di sottrarsi al controllo e non rendere dichiarazioni sconvenienti per i datori di lavoro.Gli investigatori, una volta all’interno di alcune serre che ivi insistevano, notavano alcune piante di marijuana. A specifica domanda sulla quantità di piante presenti in oltre 30.000 mq di serre, il titolare e gli operai presenti non sapevano rispondere chiudendosi in totale mutismo stante le loro responsabilità, pertanto era probabile che ve ne fossero delle altre. Gli operai difatti erano stati notati mentre uscivano dalle serre coltivate con marijuana proprio mentre si prendevano cura della crescita mediante irrigazione.Convocato un agronomo sul posto, è stato possibile accertare che la cannabis, del tipo sativa, fosse stata piantata in tutta l’area di 30.000 mq ma in piccoli spazi ed in mezzo ai filari di peperoni così da tenerla nascosta.Per il controllo anti caporalato erano stati inviati 8 uomini della Polizia di Stato ma, considerata la gravità dei fatti, venivano inviati ulteriori 20 operatori della Squadra Mobile e del Commissariato.Immediatamente veniva dato avvio all’estirpazione al fine di terminare prima dell’imbrunire. Dopo 10 ore di intenso lavoro, sono state contate circa 6.000 piante di cannabis per un peso complessivo di quasi 900 kg.Durante la perquisizione di tutte le serre e degli altri piccoli manufatti edili, non venivano identificati altri operai, segno che l’azienda per la produzione di peperoni fosse solo un’attività di copertura per la coltivazione di marijuana.L’occhio attento dei poliziotti, sempre durante l’ispezione delle serre, notava della plastica fuori posto, ovvero in mezzo a delle serre coltivate, come se fosse stata messa lì per occultare qualcosa.Scoperta la plastica veniva notata una botola, pertanto si procedeva al controllo. Ispezionando il vano sotterraneo era possibile constatare la presenza di tre stanze ricavate in una vecchia cisterna per l’acqua. Ogni stanza era stata destinata per un impiego specifico: la prima per l’essiccazione con ventilazione forzata grazie all’impiego di grossi ventilatori; la seconda per il confezionamento e stoccaggio della marijuana, tanto da rivenirne oltre 30 kg suddivisi in plichi da 1 kg circa; la terza per la produzione di olio di marijuana mediante produzione in vetro e in plastica. All’interno venivano poi rinvenuti anche 3 kg circa di hashish pronti per la commercializzazione.La coltivazione della marijuana e tutta la droga nascosta sottoterra pronta per la vendita, hanno messo in evidenza una professionalità del Rinaudo e dei suoi operai non indifferente.Il lavoro incessante dei poliziotti, che a distanza di 24 ore dal maxi sequestro hanno scovato per pura casualità un’altra piantagione, ha avuto termine solo dopo 20 ore di ininterrotta attività.La droga, dopo l’estirpazione, è stata scortata fino alla Questura di Ragusa per l’imminente distruzione che avverrà dopo le analisi a cura dei laboratori dell’ASP.“La Polizia di Stato di Ragusa continua l’opera di contrasto al traffico di sostanze stupefacenti senza sosta. Fondamentale l’impegno degli uomini e delle donne della Squadra Mobile e dei Commissariati per reprimere ogni forma di reato, sempre più spesso grazie all’aiuto dei cittadini”.