La Polizia di Stato – Squadra Mobile – lo scorso anno aveva avviato una delicata indagine su due maestre di un asilo comunale di Modica (RG).
Le indagini avevano avuto inizio (giugno 2016) per le preoccupazioni e successive segnalazioni di alcuni genitori.
Papà e mamma di alcuni piccoli frequentatori non riuscivano a comprendere il perché i loro bimbi non volessero più andare in asilo. Prima avevano segnalato questo malessere al preside ma non avevano ottenuto alcuna risposta positiva nonostante l’impegno del dirigente, considerato che le due donne segnalate continuavano ad esercitare la loro attività in quelle classi.
Nonostante gli avvisi ed i richiami da parte del preside a tenere un comportamento consono stante le segnalazioni ricevute, le maestre continuavano ad avere lo stesso comportamento che terrorizzava i bambini e di conseguenza preoccupava i genitori.
Le indagini avviate dalla Squadra Mobile di Ragusa immediatamente dopo le prime segnalazioni e coordinate dalla Procura della Repubblica iblea sono state particolarmente delicate e sono state portate a termine a novembre del 2016.
Al fine di appurare quanto le piccole vittime (troppo piccole per essere escusse in modo diretto da parte della Polizia di Stato) raccontavano ai genitori, in tempo di notte sono state installate telecamere e microspie all’interno dell’asilo.
Purtroppo le segnalazioni fatte dai genitori sono state tardive rispetto alla conclusione dell’anno scolastico, elemento che ha permesso di intercettare le maestre solo nel mese di giugno dello scorso anno, ovvero al termine della scuola.
Nonostante tutto, in pochi giorni di intercettazioni, erano già stati raccolti elementi di reità che hanno permesso agli investigatori della Squadra Mobile di richiedere nuovamente le intercettazioni per l’avvio della scuola a settembre dello scorso anno.
Durante il periodo estivo, i genitori si erano confrontati tra loro chiedendo che venissero spostate le maestre ed alcuni decidevano di cambiare scuola, dato che ha messo in allarme il preside che convocava nuovamente le insegnanti, facendole preoccupare e quindi tenere un comportamento consono al loro ruolo.
Nonostante le avvisaglie giunte alle maestre, nei mesi di settembre ed ottobre i poliziotti, intercettando ancora quanto accadeva in aula, riuscivano a raccogliere ulteriori elementi a dimostrazione del maltrattamento dei fanciulli loro affidati.
Entrambe le maestre assumevano atteggiamenti aggressivi ed ingiuriosi, basti pensare che rivolgevano ai bambini frasi di questo tipo: “Alzati, ti do tanti di quegli schiaffoni! Sei un bambino insopportabile!”; è un incubo questo bambino, se la smetti di piangere forse vai, perché sei un disturbo”; “sto chiamando il preside che è sopra e glielo dici al preside…e la mamma e te ne vai a casa tua e non vieni più però e dici io devo trovarmi un’altra scuola”; questa è rimbambita…c’era l’acqua nel bicchiere, ma sei rimbambita”; ce la smetti, ce la smetti! Non ti sopporta più nessuno, guarda che schifo, vai a casa ad asciugarti il naso”; ti arrivano tanti di quegli schiaffoni brutto maleducato! … non deve venire a scuola uno di questi, deve stare a casa sua, perché è un bambino che non si sopporta più!
Il bambino chiama la maestra con il nome dell’altra insegnante per errore e la maestra risponde: “quest’altro rimbambito …mi chiama – omissis - a fine anno non sa neanche come mi chiamo! Perché hai voluto l’acqua, delinquente, stupido, perché hai voluto l’acqua e poi non la bevi, ti do tanti di quegli schiaffi bestione, sei un bestione. Quest’altro rimbecillito: è un tormento questo, un tormento…e poi si permette di dire che i compagni non vogliono giocare con lui, vergognati!”; il bambino dice: “devo fare la cacca” e la maestra risponde: “a casa tua la fai la cacca”; ti do all’orco, lo chiamo per – omissis - …così se lo mangia e ce lo toglie dai piedi…”
L’altra maestra rinviata a giudizio per lo stesso titolo di reato: “se piangi ancora ti lascio solo”; non lo fare più, non ti azzardare, non ti azzardare, ti metto solo, non ti azzardare mai più, mai più!”; “dormi a casa! La prossima volta non vieni, stai a letto a casa, lo dici alla mamma!”.
Quelle sopra riportate sono solo una parte di quanto raccolto dalla Polizia di Stato nelle attività d’indagine, elementi che la Procura della Repubblica ha valutato e concesso la divulgazione (le voci nel video divulgato sono state volutamente sofisticate per impedire una riconducibilità ai minori).
La richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica è stata formulata per il reato di maltrattamento degli alunni, a loro affidati per ragioni di istruzione ed educazione. Fatti reato commessi attraverso rimproveri aspri, ingiurie e umiliazioni, alimentando in tal modo un clima di permanente intimidazione, il tutto aggravato dal fatto di aver abusato dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione.
Il rinvio a giudizio è conseguenza del rigetto, da parte del GIP, della richiesta della Procura della Repubblica di applicazione della misura cautelare. Il Gip, all’epoca, aveva valutato non sussistente l’abitualità del reato ovvero uno degli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti.
Seppur non concessa la misura cautelare richiesta, ovvero la sospensione dall’esercizio della professione, la Procura della Repubblica ha avanzato richiesta di rinvio a giudizio, in quanto ha ritenuto gli elementi raccolti dalla Squadra Mobile di Ragusa, sufficienti a sostenere l’accusa nell’eventuale e successivo giudizio.
Durante l’udienza preliminare dei giorni scorsi, il GUP, ascoltate le parti, ha valutato e disposto il decreto che dispone il giudizio anziché emettere sentenza di non luogo a procedere, valutando positivamente quanto esposto dal Pubblico Ministero.
“La Polizia di Stato, grazie alle segnalazioni dei genitori, è riuscita a far emergere attraverso le indagini i veri motivi del malessere dei piccoli. È fondamentale l’ascolto dei bambini e la raccolta di quei segni, spesso non manifestati direttamente proprio per la tenera età. Solo grazie ad un attento controllo dei cambi d’umore o di abitudini, è possibile scorgere dei segni di violenza subita da bambini molto piccoli. La Squadra Mobile, grazie alle sezioni specializzate, è pronta a ricevere le vittime o potenziali vittime di ogni età. Grazie ad un rapporto di piena fiducia e collaborazione tra cittadini e Istituzione Polizia di Stato è possibile avviare indagini per chiarire l’esatta dinamica di quanto di illecito viene commesso ai danni dei più piccoli”.