Si è presentato a casa di un’anziana donna chiedendole di pagare la cauzione del figlio, finito in prigione dopo aver causato un incidente alla guida della sua bicicletta: è finito in manette un giovane di ventuno anni, arrestato dalla Polizia di Stato per truffa aggravata in concorso.
Tutto è iniziato alle ore 15 di martedì, a San Giovanni Lupatoto, quando un’anziana signora di settantanove anni ha ricevuto una chiamata da un numero sconosciuto: dall’altro lato del telefono c’era una voce maschile - un carabiniere, come si era presentato alla signora – che l’ha informata del grave incidente stradale causato dal figlio. Il giovane, infatti, secondo quanto raccontato dal finto militare, avrebbe utilizzato il cellulare alla guida della sua bicicletta, provocando delle lesioni talmente gravi a un’altra persona da dover essere immediatamente trasportata presso l’ospedale di Borgo Trento.
Il falso carabiniere, non contento dello shock causato all’anziana, ha poi proseguito sostenendo che, a causa di una riforma legislativa introdotta recentemente, il figlio sarebbe finito in prigione per l’uso del cellulare durante la guida. Tuttavia, come riferito dal truffatore, non c’era alcun bisogno di preoccuparsi, poiché il figlio si trovava momentaneamente presso il loro comando per una serie di accertamenti.
Dopo essere stata messa in contatto con un secondo truffatore – a suo dire un comandante dei carabinieri - l’anziana signora ha poi ricevuto una nuova chiamata, questa volta da un terzo truffatore: si trattava di un finto avvocato, che, confermando la versione fornita dai malviventi, le ha comunicato la necessità di pagare una cauzione – di 7.900 euro – per evitare l’arresto del figlio. L’avvocato ha immediatamente rassicurato l’anziana, preoccupata di non avere a disposizione una tale somma: la donna, infatti, avrebbe potuto saldare la cifra mancante anche con i gioielli e i monili in oro presenti nella sua abitazione.
Mentre la donna cercava in casa tutto ciò che aveva a sua disposizione e che sarebbe potuto servire per risparmiare la prigione al figlio, i truffatori hanno mantenuto le linee telefoniche occupate, in modo da non permettere che alcun parente dell’anziana potesse contattarla – avvisandola così della truffa in atto. L’avvocato ha poi informato la vittima che un suo collaboratore si sarebbe presentato a ritirare il tutto presso la sua abitazione. Pochi minuti dopo, uno dei truffatori si è presentato alla porta, esortandola a raccogliere velocemente i gioielli e a consegnarli presso un punto di incontro da lui stabilito.
Una volta rientrata a casa, la donna è stata raggiunta dalla sorella, preoccupata di non essere riuscita a mettersi in contatto con lei poco prima, e successivamente dal figlio, che ha smentito l’accaduto raccontato dai truffatori.
Diramata la notizia dell’avvenuta truffa, gli agenti delle volanti, intuendo che i malviventi avrebbero potuto utilizzare mezzi di trasporto pubblico per allontanarsi dal luogo del fatto, si sono recati nei pressi della stazione ferroviaria di Verona Porta Nuova. Poco lontano, gli operatori hanno individuato un giovane che corrispondeva alla descrizione fornita dalla vittima. Nello zaino del giovane, gli agenti hanno rinvenuto 5.000 euro in contanti e numerosi gioielli e monili in oro, di proprietà della settantanovenne appena truffata.
Tratto in arresto, il ventunenne è stato tradotto presso la Casa Circondariale di Verona Montorio, su disposizione del Pubblico Ministero di turno, in attesa dell’udienza di convalida.
Si precisa che la responsabilità penale di ciascuno si considera accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile.