Nel primo pomeriggio di mercoledì 6 settembre, la Sala Operativa della Questura di Vercelli riceveva la segnalazione di un dissidio violento tra numerose persone in via Monviso. Trasmessa la nota via radio all’equipaggio in servizio di controllo del territorio, la volante dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico raggiungeva celermente il luogo segnalato.
Giunti sul posto, gli operatori notavano numerose autovetture parcheggiate sulla pubblica via e un assembramento di persone intente a discutere poco distante.
Presi contatti con il richiedente, quest’ultimo riferiva di essere stato vittima di un’aggressione per motivi economici e di avere chiesto aiuto ad alcuni membri della propria famiglia per mettere in fuga i malviventi.
Nelle prime fasi concitate dell’intervento, gli operatori, nonostante la netta inferiorità numerica, si adoperavano senza esitazione per ricondurre una situazione potenzialmente pericolosa per la sicurezza pubblica alla normalità.
In tali fasi, gli stessi notavano una donna che, con fare disinvolto, si allontanava dalla folla brandendo tra le mani una mazza da baseball. Rintracciata e identificata la giovane di origine rumena, i poliziotti le impedivano la fuga e sequestravano l’arma. Procedevano quindi a individuare e identificare le persone coinvolte nel diverbio e, nella circostanza, notavano la presenza di un’altra mazza da baseball esposta, in maniera visibile, all’interno dell’autovettura di uno dei presenti. Considerate le circostanze dell’intervento e l’assenza di idonea giustificazione fornita dal suo proprietario circa il porto dell’oggetto atto ad offendere, gli operatori procedevano al sequestro.
Successivamente, si appurava che la lite tra il primo gruppo di soggetti residenti a Vercelli e un secondo gruppo di persone provenienti da Meda (MB), originava dal mancato accordo relativo alla compravendita di un’autovettura marca Mercedes.
Al termine degli accertamenti, la donna di origine rumena di 22 anni e un vercellese di 27 anni venivano deferiti in stato di libertà all’Autorità giudiziaria per il reato di cui all’art. 4 della L. n. 110/1975 rubricato “Porto d’armi od oggetti atti a offendere”.