Ci sono quelle uccise a coltellate, nella propria casa, con i figli che dormono nell’altra stanza, o in un impersonale abitacolo d’automobile, teatro di un ultimo colloquio “chiarificatore”, quella ammazzata a revolverate sotto gli occhi terrorizzati dei genitori, quella alla quale hanno sfondato il cranio con un’accetta… Sono sette, negli ultimi vent’anni, le donne uccise nel VCO dai rispettivi mariti, conviventi e familiari.
Un dato all’apparenza rassicurante, sette casi potrebbero non sembrare molti, ma che va letto in combinazione con gli undici ammonimenti per atti persecutori emessi, questa volta in soli quattro anni, a partire dal 2014. Segno che la “violenza di genere” non è un fenomeno da trascurare, né di cui il V.C.O. può dirsi esente.
Proprio per questo, la Questura del VCO, in collaborazione con Enti Pubblici provinciali e associazioni private del territorio, ha contribuito, nel corso degli anni, a costruire una Rete capace di fornire sostegno alle donne vittime di violenza. Per questo ha riproposto in provincia campagne nazionali come il “Progetto Camper” il cui scopo, fondamentale, è quello di persuadere le donne a denunciare le violenze subite. Perché essere picchiate, umiliate, perseguitate, violentate non è né giusto né tollerabile e, anche se costa fatica, anche se si prova vergogna a fare “outing”, è necessario reagire, trovare la forza di ribellarsi per riprendere in mano la propria vita.
Oggi, con la presentazione della sala d’ascolto riservata a donne e minori, la Questura del V.C.O. mette in campo un’ulteriore strumento che, si spera, possa sortire l’effetto di incoraggiare le donne a fare la scelta giusta: denunciare i soprusi subiti.
Perché quei «Sembravano felici… Erano una così bella coppia…» non tornino più, beffardo ritornello, ad accompagnare sulle pagine di giornale, nei servizi alla tv, le notizie di nuovi femminicidi.