A conclusione di una complessa ed articolata indagine diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Venezia, la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito oggi il provvedimento cautelare emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Venezia nei confronti degli appartenenti ad UN SODALIZIO DI STAMPO MAFIOSO RADICATO NEL VENETO ORIENTALE: 50 GLI ARRESTI, PER ALTRE 11 PERSONE OBBLIGO DI DIMORA.
II sodalizio mafioso, affiliato al cd. “clan dei casalesi”, controllava un vasto territorio con l’uso delle armi, compiendo estorsioni, usura, danneggiamenti, riciclaggio, traffici di stupefacenti, rapine ed altri gravi reati.
Arrestato anche il sindaco di Eraclea, indagato del reato di scambio elettorale politico-mafioso in relazione alle elezioni 2016.
Disposto il sequestro preventivo di beni e valori per 10 milioni di euro.
Questa mattina il G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Trieste e la Squadra Mobile di Venezia, hanno dato esecuzione - in provincia di Venezia, Casal di Principe e altre località del Veneto, della Campania e della Puglia - ad una ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Venezia che, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, ha disposto 50 misure di custodia cautelare personale (47 in carcere e 3 agli arresti domiciliari) per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati oltre a 11 provvedimenti impositivo obbligo di dimora o interdittivi.
Hanno collaborato all’esecuzione del provvedimento cautelare, nell'operazione denominata «AT LAST», il Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria Venezia, il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.0.) della Guardia di Finanza di Roma, il Servizio Centrale Operativo (S.C.0.) della Polizia di Stato con l'imponente impiego di oltre trecento unità di polizia giudiziaria.
Gli indagati erano membri di una strutturata e temibile associazione a delinquere di stampo mafioso, armata - con oggi da considerarsi smantellata - che dal piccolo centro di Eraclea da molti anni aveva esteso la sua influenza criminale nell’est del Veneto, avvalendosi della sua forza di intimidazione per instaurare una condizione di omertà e commettere molteplici gravi delitti di ogni genere (usura, estorsione, rapina, ricettazione, riciclaggio e auto riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, sottrazione fraudolenta di valori, contraffazione di valuta, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, intermediazione illecita di manodopera, detenzione illegale di armi, danneggiamenti, incendi, truffe e truffe aggravate ai danni dello Stato, bancarotta fraudolenta, emissione di false fatture).
Le indagini hanno consentito di evidenziare come l’organizzazione risulti costituita già alla fine degli anni ’90 da DONADIO Luciano (nato a Giugliano in Campania il 15.04.1966, residente ad Eraclea) BUONANNO Raffaele (nato a San Cipriano D’Aversa (CE) il 23.11.1959, domiciliato ad Eraclea e a Casal di Principe) e BUONANNO Antonio (nato a San Cipriano D’Aversa (CE) il 15.11.1962, residente a Casal di Principe) assieme ad un nucleo di persone originarie di Casal di Principe e di altri centri dell’agro casertano (PUOTI Antonio, PACIFICO Antonio, BASILE Antonio, PUOTI Giuseppe, CONFUORTO Nunzio) via via implementata da altri soggetti sia campani che locali (come ARENA Girolamo, CELARDO Raffaele, SGNAOLIN Christian).
L’indiscusso ruolo di promotori e dirigenti è stato rivestito da DONADIO Luciano e BUONANNO Raffaele (quest’ultimo imparentato tramite la moglie con esponenti di vertice dai clan BIANCO e di BIDOGNETTI Francesco, detto “Cicciotto e mezzanotte’, capo della famiglia BIDOGNETTI) i quali rappresentavano l’associazione nei rapporti di natura criminale, pure con i dirigenti e gli associati al gruppo Schiavone e Bianco e le altre “famiglie” Casalesi.
II gruppo mafioso, dopo la sua costituzione, si è insediato nel Veneto orientale rilevando il controllo del territorio dagli ultimi epigoni locali della “mafia del Brenta” con i quali sono stati comprovati i contatti.
Le multiformi strategie criminali erano finalizzate, tra l’altro, ad acquisire, se necessario con minacce e violenza, la gestione o il controllo di attività economiche, soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione, ma anche ad imporre un aggio ai sodalizi criminali limitrofi dediti al narcotraffico o allo sfruttamento della prostituzione.
Una quota dei profitti dell'attività criminale era destinata a sostenere finanziariamente i carcerati di alcune delle storiche famiglie mafiose di Casal di Principe appartenenti al clan dei Casalesi cui l’organizzazione mafiosa di Eraclea era genericamente collegata e della quale costituiva il gruppo criminale referente per il Veneto orientale e, come tale, interlocutore obbligato di tutte le organizzazione territoriali che vi si trovavano ad operare.
Per affermare l’assoluta egemonia sul territorio, i sodali hanno fatto largo uso e commercio di armi anche da guerra, utilizzate per il compimento di attentati intimidatori anche ai danni di ditte concorrenti.
L'organizzazione ha operato inizialmente nel settore dell'edilizia, dedicandosi particolarmente all’attività usuraria ed all’esecuzione di estorsioni, da ultimo specializzandosi nel settore delle riscossioni crediti per conto di imprenditori locali.
Sventate nel corso delle indagini rapine, anche in abitazione, nel corso di una delle quali, in Provincia di Treviso, erano stati tratti in arresto alcuni appartenenti al sodalizio ed altri arruolati per l'esecuzione del colpo.
Nel tempo l’organizzazione si è finanziata anche con ia produzione di fatture per operazioni inesistenti, per molti milioni di euro, grazie ad una fitta rete di aziende intestate anche a prestanome poi oggetto di bancarotta fraudolenta.
Oltre alle frodi in danno dell’erario per reati tributari, spiccano quelle perpetrate verso l’I.N.P.S. attraverso le false assunzioni in imprese di 50 persone contigue al sodalizio, allo scopo di lucrare indebitamente l'indennità di disoccupazione, pari a circa 700.000 euro.
Tra gli arrestati, il sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, per il reato di scambio politico-elettorale riferito all'elezione nel 2016 conseguita per soli 81 voti di scarto sul rivale, grazie agli oltre 100 voti procuratigli dal gruppo mafioso del quale aveva riservatamente sollecitato l'intervento - indicando anche i candidati della propria lista su cui convogliare le preferenze e poi eletti - in cambio di favori su istanze amministrative presentate da società controllate dagli uomini del sodalizio.
In carcere anche Denis Poles, direttore di un istituto di credito di Jesolo, complice degli esponenti del sodalizio, il quale, come il suo predecessore (indagato a piede libero) consentiva loro di operare su conti societari senza averne titolo, concordando con loro l’interposizione di prestanome, omettendo sistematicamente di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette.
Coinvolto anche un appartenente alla Polizia di Stato, Moreno Pasqual, accusato di aver fornito informazioni riservate ai malavitosi, inerenti ad indagini nei loro confronti, tramite illecito accesso alle banche dati di polizia, nonché di averne garantito protezione e supporto a seguito di controlli subiti da parte di altre forze di polizia.