Indagini dirette dalla locale Procura della Repubblica e svolte dalla Squadra Mobile
Maltrattamenti reiterati che perduravano negli anni, fino a quando la moglie e la figlia hanno trovato rifugio presso una struttura protetta.
Una storia di degrado morale, che vede protagonista l’indagato, disoccupato talvolta in preda all’alcol che costringeva la coniuge a mettere a disposizione lo stipendio di lei per fare fronte alle proprie necessità piuttosto che a quelle del nucleo familiare.
Maltrattamenti abituali sia psicologici con frequenti insulti e minacce anche di morte, che fisici con percosse ed altro.
La donna era così costretta ad affrontare offese e denigrazioni, spesso dettate da gelosia immotivata; ingiurie e comportamenti minatori in occasione dei quali l’uomo ha brandito un coltello minacciandola, le ha vietato più volte di uscire di casa, se non per andare a lavoro, di ricevere amici o di incontrarsi con alcuno.
Al culmine di una lite e all’esito della ennesima minaccia di morte la vittima si era determinata a recarsi presso le forze dell’ordine per denunciare i fatti, ma in quell’occasione il marito l’aveva trattenuta con violenza e le aveva strappato i vestiti indossati.
Tale incessante serie di condotte, peraltro, sono state poste in essere anche alla presenza della figlia minore, costretta ad assistere inerme.
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Trieste e svolte dalla sezione “reati contro la persona” della Squadra Mobile giuliana, hanno consentire di ricostruire la desolante cornice di quotidianità vissuta sia dalla donna che dalla figlia.
Il compendio investigativo ha così consentito al P.M. titolare del fascicolo processuale di ottenere dal G.I.P. la misura cautelare a carico dell’indagato, che è stato allontanato dalla casa familiare ed al quale è stato fatto divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con le vittime.