Intervento del Questore, dott. Vito Montaruli
Anche oggi, purtroppo, per la seconda volta le preminenti esigenze di tutela della salute pubblica impediscono lo svolgimento della Festa della Polizia come importante momento di incontro tra la cittadinanza e gli operatori della Polizia di Stato della provincia di Treviso, per cui avrà luogo una celebrazione in forma ridotta.
Non sarà quindi possibile leggere pubblicamente questo intervento, che è estremamente conciso in senso di rispetto per la nostra Nazione che sta vivendo un momento particolarmente drammatico: non possiamo indulgere in questo frangente su risultati operativi pure altamente positivi e provare soddisfazione, poiché prevale il dolore per tutti coloro che a causa del contagio hanno sofferto, in molti casi perdendo la vita o i propri cari, ai quali rivolgo un commosso pensiero.
Ritengo tuttavia che i rappresentanti delle Istituzioni abbiano un’altissima responsabilità: dare precisi segnali a tutti i cittadini in difficoltà che le autorità pubbliche li sostengono nel loro sforzo, che non verranno mai meno a questo dovere e che saranno l’architrave della ripresa morale, sociale ed economica di questo Paese.
È il motivo per cui ci affidiamo alla stampa e ai mezzi di comunicazione in genere perché ci aiutino a far conoscere ai cittadini l’operato della Polizia di Stato nel nostro territorio per il decorso anno, il particolare significato della ricorrenza odierna e l’impegno per garantire anche nell’anno a venire la sicurezza pubblica nella provincia di Treviso.
La cerimonia di oggi è particolarmente importante perché celebra i 40 anni dalla riforma della pubblica sicurezza, avvenuta nel 1981.
È opportuno ricordare il contesto storico e ordinamentale di quell’evento, per brevi cenni.
Prima della riforma, erano tre le componenti che facevano parte di quell’organizzazione che oggi si compendia nella Polizia di Stato: il Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, di natura militare, il Corpo dei Funzionari di pubblica sicurezza e la Polizia femminile.
Con tale struttura le Questure della Repubblica e gli organi centrali del Ministero dell’Interno avevano affrontato un’altra grave crisi che affliggeva il nostro Paese nel dopoguerra, quella terroristica, iniziata negli anni Sessanta e conclusasi sostanzialmente negli anni Ottanta.
Già nel 1981 l’emergenza volgeva al termine, poiché gli apparati investigativi erano stati in grado arrecare danni importanti ai gruppi terroristici, culminati nella spettacolare liberazione avvenuta nel 1982 del generale americano James Lee Dozier, e nella cattura dei suoi sequestratori ad opera del Nucleo operativo centrale di sicurezza.
L’obiettivo della riforma era quello di rendere sempre più adeguata ed efficiente la struttura della Polizia rispetto alle nuove sfide del terrorismo, dell’eversione e della criminalità organizzata, che anch’essa proprio in quegli anni stava compiendo efferati delitti.
L’elemento che più attirò l’opinione pubblica fu quello del passaggio degli appartenenti del disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza dallo status militare a quello civile; pur dimostrando tutta la mia ammirazione per le Forze armate e gli altri Corpi aventi ordinamento militare, ritengo che tale innovazione fosse necessaria per unificare in un’unica struttura amministrativa le sopra citate componenti, al fine di una maggiore sinergia ed efficienza complessiva. Il modello civile di organizzazione prescelto era conforme a quello delle strutture deputate alla tutela della sicurezza pubblica nei Paesi europei ed occidentali in generale.
La riforma in questione, apportata dalla legge n 121 del 1981, non è, si badi bene, solo la riforma della Polizia di Stato ma la riforma dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.
Infatti, i punti più significativi dell’intervento normativo sono la definizione dei ruoli delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, il Prefetto e dal 1981 anche il Questore, e i rapporti con i vertici delle altre Forze dell’ordine, secondo la fondamentale e chiara formulazione degli artt. 13 e 14 della legge.
Basilare anche l’introduzione del concetto di coordinamento, che trova la sua massima espressione a livello provinciale nel Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ogni iniziativa legislativa, e non solo, in tema di sicurezza deve trovare un necessario punto di riferimento nella legge n. 121 del 1981, rischiando altrimenti di provocare pericolose disarmonie in un’attività essenziale, ancora di più nell’attuale contesto: la gestione della sicurezza pubblica.
Per quanto riguarda l’attività operativa, dal consuntivo allegato emerge che continua in modo intenso l’attività di controllo del territorio grazie alla cui efficacia, al netto del sensibile effetto alle misure di limitazione della mobilità delle persone per la prevenzione del Covid-19, è dovuto il ridimensionamento della criminalità predatoria, già registrato nel 2019, con particolare riferimento alla Città di Treviso.
Fondamentale, ancora, è stato il contributo dato dalla Polizia di Stato, unitamente al personale delle altre Forze di polizia, per garantire l’effettività delle citate misure di prevenzione dell’epidemia disposte dall’Autorità governativa: si tratta di un’emergenza senza precedenti nella storia repubblicana, probabilmente quella più grave sofferta in tale periodo, che ha messo a dura prova, oltre che la società civile, tutta la struttura dell’amministrazione pubblica italiana.
L’attività della Polizia di Stato si è esplicata sia nel quotidiano controllo del territorio, sia nello svolgimento di specifici servizi anti – assembramento nel periodo delle riaperture, sia in occasione delle manifestazioni di protesta delle categorie colpite dalle chiusure, sia allorquando si è trattato di assicurare misure di quarantena di intere comunità ospitate nei centri di accoglienza, in particolare quello della caserma Serena.
Fino all’attuazione delle misure di custodia cautelare disposte dall’Autorità giudiziaria a seguito di indagini approfondite svolte dalla Questura, fu individuata in questa delicata situazione, nonostante il clamore della vicenda e la forte attenzione dell’opinione pubblica anche nazionale, una linea di condotta responsabile con misure preventive improntate alla proporzionalità e all’efficacia, che ha garantito l’isolamento fiduciario di circa trecento persone, il gruppo più consistente interessato da tale misura fino a quel momento sul territorio nazionale; nella circostanza furono praticamente azzerati i casi di elusione, un risultato veramente eccellente nel panorama italiano. Ai servizi di o.p. hanno concorso le altre Forze di Polizia e l’Esercito Italiano.
Si rammenta che tutti i servizi di ordine e sicurezza pubblica per garantire le misure limitative di prevenzione del Covid -19 sono stati disposti con specifiche ordinanze di servizio emanate dalla Questura, che ammontano finora a 270.
In generale, la risposta delle Forze di polizia e, in particolare quella della Polizia di Stato, è stata encomiabile: gli operatori della nostra Istituzione, pur in una situazione di scarsa conoscenza generalizzata della pandemia, di contingentamento degli ausili di protezione e, quindi, di forte preoccupazione, non hanno indietreggiato e hanno servito la cittadinanza, con rigore ma con l’equilibrio dovuto alla consapevolezza che la finalità ultima del nostro lavoro è proprio la sicurezza dei cittadini.
E’ per questo che il mio saluto e ringraziamento va a tutti gli operatori della Polizia di Stato della provincia di Treviso e alle loro famiglie che ne hanno condiviso sacrifici e rischi, oltre che al personale dell’Amministrazione civile dell’Interno che ha continuato a fornire il previsto sostegno.
A tutti loro, alle Autorità e alla cittadinanza della provincia trevigiana rivolgo l’auspicio che al più presto ognuno possa riprendere la sua vita normale, nella ricchezza delle sue espressioni.
VIVA LA POLIZIA DI STATO, VIVA L’ITALIA!