il 17enne , nipote di uno dei capi di un 'organizzazione transanazionale dedita al traffico di essere umani, è considerato uno dei carcerieri di una "prigione" sita a Sabah in Libia
Nel pomeriggio di ieri al termine di mirate indagini gli agenti della Squadra Mobile hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare del Collocamento in Comunità emessa dal G.I.P. presso il Tribunale per i Minorenni di Taranto nei confronti di un 17enne originario del Ghana.
Il minore è gravemente indiziato di associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina nello Stato Italiano, per aver promosso ed organizzato in Niger, Libia ed Italia, sino al maggio 2017, insieme ad altri persone al momento ignote , il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato – tra cui minori - esponendoli a pericolo per la vita e l’incolumità e sottoponendoli a trattamenti inumani e degradanti.
Le indagini sono partite immediatamente dopo lo sbarco di 952 migranti tutti di origine nordafricana giunti nel porto di Taranto lo scorso 22 maggio a bordo della nave della Guardia Costiera “U.DICIOTTI”.
Nei giorni immediatamente successivi allo sbarco i polizotti in servizio presso il locale HOT SPOT sono intervenuti per sedare una lite scoppiata tra alcuni giovani stranieri, fra i quali l’indagato, accusato dagli altri di essere uno dei carcerieri operanti in un ghetto di Sabah, in Libia, all’interno di una sorta di "prigione" nella quale erano stati tutti rinchiusi e sottoposti a minacce e percosse, e dai cui riuscivano ad allontanarsi solo dopo aver versato del denaro.
Gli stranieri coinvolti nella lite, nel corso delle testimonianze rese ai polizotti, hanno riferito di essere stati costretti a vivere per giorni ammassati in una stanza di pochi metri quadri, guardati a vista da carcerieri armati .
Le condizioni di vita raccontate erano tremende, ricevendo da mangiare solo una volta al giorno, da una ciotola che serviva per più persone.
Il diciasettenne ghanese è stato indicato come nipote di uno dei capi della prigione e come colui che intimava ai migranti di telefonare ai propri parenti, per poi bastonarli mentre erano al telefono in modo tale da far ascoltare ai loro stessi familiari quanto subivano per convincerli a mandare il denaro necessario alla traversata in Italia.