L'operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia
Personale della Polizia di Stato in servizio presso la Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile potentina, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di quindici misure cautelari personali – otto di custodia cautelare in carcere e sette arresti domiciliari - emesse dal Giudice per le indagini preliminari del capoluogo lucano nell'ambito di una nuova attività d'indagine condotta sul cosiddetto "clan RIVIEZZI" di Pignola, in ordine ai reati di associazione mafiosa, estorsione tentata e consumata, aggravate dall'agevolazione e dal metodo mafioso, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale, false informazioni al P.M. aggravate. Le misure restrittive sono state adottate all'esito di una serie di sviluppi investigativi, svolti appunto dalla Squadra Mobile con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, a margine di una precedente attività che ha riguardato il predetto sodalizio e che portò, nel mese di aprile dello scorso anno, all'applicazione di diciassette misure cautelari personali e di due sequestri preventivi, uno dei quali relativo alla società che gestiva il bar-caffetteria presso il Palazzo di Giustizia di Potenza per i delitti di associazione mafiosa ed altro. Le indagini, avviate sulla base dell'analisi forense dei cellulari sottoposti a sequestro in quella circostanza, e sviluppate, tra l'altro, anche attraverso serrati interrogatori di un collaboratore di giustizia, intercettazioni, acquisizione di tabulati telefonici ed escussione a sommarie informazioni di numerose persone, hanno consentito di acquisire gravi indizi nei confronti di soggetti inseriti ovvero collegati del sodalizio pignolese nel settore delle estorsioni, in parte già emerso nella precedente operazione. In alcuni casi le condotte di “recupero crediti”, secondo l’ipotesi accusatoria, venivano poste in essere ricorrendo a metodologie intimidatorie di stampo tipicamente mafioso, mediante evocazioni, anche esplicite, al clan RIVIEZZI, destinatario di una percentuale degli introiti e, almeno in un caso, facendo ricorso all'uso di un’arma da fuoco. Tra le vittime delle condotte estorsive figurano i gestori di una concessionaria di auto, attiva tra le province di Potenza e di Salerno, il gestore di un bar di Potenza, un marmista di Matera, gli esercenti di un'attività di agriturismo a Tito e un imprenditore lucano attivo nel settore della macellazione. Quest'ultimo è stato, a sua volta, destinatario della misura degli arresti domiciliari per le reticenze e false dichiarazioni rese - sempre secondo le emergenze indiziarie - alla Procura della Repubblica per sviare le indagini e non infrangere i dettami omertosi della criminalità a cui lo stesso risulterebbe vicino.