Eseguiti e 38 provvedimenti cautelari personali e 7 provvedimenti di perquisizione domiciliare e personale
A seguito di una vasta ed articolata attività di indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Potenza, si è proceduto con il supporto e la collaborazione degli agenti delle Squadre Mobili di altri venti capoluoghi di tutta Italia e dei Reparti Prevenzione Crimine di Lazio, Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Calabria, di due unità cinofile e di un equipaggio eliportato di Reggio Calabria, all'esecuzione, nel corso delle indagini preliminari, sul territorio di Potenza ed in diversi Comuni della provincia, di 38 provvedimenti cautelari personali, emessi dal Gip del capoluogo lucano. Le misure restrittive sono state applicate nei confronti di soggetti ritenuti gravemente indiziati di appartenere all'associazione di tipo mafioso denominata "Martorano-Stefanutti" operante sul territorio di Potenza e provincia, con estensione anche sul territorio di Matera, ovvero indagati a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, danneggiamento seguito da incendio ed altro, aggravati dall'agevolazione e dal metodo mafioso. In particolare, sono state applicate 28 misure di custodia cautelare in carcere, 9 misure di arresti domiciliari ed un divieto di dimora nel territorio della provincia di Potenza ed eseguiti 7 provvedimenti di perquisizione domiciliare e personale nei riguardi di altrettanti soggetti, dimoranti sul territorio di Potenza e Comuni viciniori. L'indagine ha consentito di raccogliere un grave quadro indiziario in merito alla permanenza ed alla continuità operativa del clan "Martorano-Stefanutti di Potenza ampiamente riconosciuta dalla ''ndrangheta" calabrese e dai clan "mafiosi" lucani, siciliani e pugliesi. Le investigazioni, nel corso delle quali sono stati acquisiti documenti contenenti veri e propri riti di affiliazione, regole, organigrammi e ruoli di vertice delle cosche della "ndrangheta", hanno disvelato l'esistenza di solidi legami intrattenuti e consolidati nel corso degli anni dal sodalizio lucano con alcuni dei clan maggiormente accreditati sul territorio nazionale, come quello dei "Pesce-Bellocco" di Rosarno (Re) e quello dei Grande Aracri di Cutro (Kr) e Santapaola di Catania. L'indagine ha fatto luce sulla capillare compenetrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale cittadino da parte del sodalizio potentino che mirava, anche attraverso il reiterato ricorso ad eclatanti azioni intimidatorie, a conseguire e consolidare il monopolio su specifici settori, tra cui l'installazione e la gestione di macchinette video-poker ed i servizi di sicurezza e vigilanza all'interno delle discoteche. Nel corso dell'attività di indagine è emersa anche la capacità di infiltrazione nella gestione diretta di beni e servizi pubblici; anche armi e droga rappresentano un altro settore di preminente interesse del sodalizio. Il redditizio settore della droga ha permesso al clan di movimentare cospicue somme di denaro, destinate in parte anche all'assistenza in favore dei sodali detenuti, secondo il consolidato sistema della cd. "bacinella", tipico delle associazioni mafiose, ovvero una forma di mutua assistenza che si è potuto osservare, da ultimo, nel corso della detenzione di uno dei vertici del sodalizio che dal carcere, per il tramite dei suoi congiunti, impartiva specifiche direttive verso l'esterno, anche attraverso la consegna di "pizzini".