Nei giorni scorsi la procura della Repubblica di Pordenone ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di un gruppo di cittadini, tutti di origine albanese, ritenuti responsabili di numerosi furti in danno dei punti vendita del noto marchio H&M Hennes & Maurits commessi in tutto il territorio nazionale.
Le indagini, coordinate dal Procuratore Capo della Repubblica di Pordenone, dr. Raffaele Tito, sono iniziate lo scorso mese di settembre in seguito alla denuncia presentata dall’avvocato della predetta società il quale aveva lamentato il verificarsi, durante l’orario di apertura del centro commerciale, di una serie di furti di capi d’abbigliamento presso il punto vendita di Gran Fiume, sito a Fiume Veneto (PN).
La Procura della Repubblica di Pordenone avviava così un’articolata attività d’ indagine, condotta dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Pordenone, che consentiva di scoprire l’esistenza di un vero e proprio sodalizio criminale composto da nove individui, di cui cinque donne e quattro uomini, tutti di origine albanese, dediti al c.d. “trasfertismo delittuoso”: i nove, alternandosi in gruppi, una volta raggiunto il territorio italiano vi permanevano per circa dieci giorni, durante i quali, muovendosi a bordo di autovetture prese a noleggio, raggiungevano i vari punti vendita H&M del territorio nazionale ed asportavano numerosi capi di abbigliamento, dal valore di migliaia di euro, occultandoli all’interno di carelli della spesa appositamente muniti di dispositivi antitaccheggio.
La tecnica utilizzata dai malfattori è risultata essere sempre la stessa: le donne facevano ingresso all’interno del negozi e dopo aver sfilato i capi d’abbigliamento delle grucce li occultavano tra gli scaffali dei negozi; quindi gli uomini entravano all’interno del negozio e nascondevano i capi all’interno di carrelli della spesa precedentemente muniti con appositi dispositivi antitaccheggio.
Un altro componente della banda permaneva all’esterno allo scopo di allertare i complici dell’eventuale arrivo delle forze dell’ordine. I furti si consumavano nel giro di un’ora; terminata l’azione delittuosa il malfattori si allontanavano a bordo delle auto a noleggio dirigendosi verso altri centri commerciali. Si è appurato come il gruppo riusciva a colpire anche più centri commerciali diversi nel corso della stessa giornata.
Terminate le loro trasferte delittuose i componenti del sodalizio facevano quindi rientro nel loro paese d’origine.
La misura restrittiva emessa dalla Procura di Pordenone veniva confermata all’esito dell’interrogatorio di garanzia dove il del Giudice per le indagini preliminari accoglieva in pieno la tesi accusatoria sostenuta dalla Procura nei confronti di tutti e cinque gli arrestati; inoltre in data 13 gennaio la Sezione del Riesame del Tribunale di Trieste rigettava il riesame presentato dagli avvocati di due degli arrestati e confermava l‘ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Pordenone.
A poco più di un mese dall’esecuzione dei provvedimenti di fermo, agli indagati sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini: agli indagati sono stati contestati ben 36 furti commessi in tutto il territorio nazionale tra il mese di settembre e quello di dicembre in danno dei punti vendita H&M; ad essere colpiti sono risultati essere principalmente i punti vendita situati del Nord Est. Ma le investigazioni hanno permesso di accertare come in diverse occasioni il gruppo, dimostrando notevole mobilità su tutto il territorio nazionale, era arrivato a colpire anche i punti vendita H&M situati nel centro – sud Italia ed in particolare nelle province di Ravenna, Chieti, Teramo, Civitanova Marche e Campobasso.
Si è poi accertato che la merce trafugata, una volta giunta in Albania, veniva messa in vendita dalla moglie di uno degli arrestati all’interno dei punti vendita “H&M” situati nelle città di Tirana, Durazzo e Valona gestititi proprio dalla donna stessa. Per questo i due coniugi, ritenuti i capi dell’organizzazione, sono stati indagati anche per l’ipotesi di reato di auto riciclaggio in concorso.