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La Polizia di Stato arresta 43enne condannato a scontare 5 anni e 3 mesi di reclusione per violenza sessuale aggravata.

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Polizia di Stato

Nel corso della quotidiana attività info investigativa orientata al contrasto e alla repressione dei reati di genere, in particolare commessi ai danni delle fasce deboli della popolazione quali donne e minori, personale della Squadra Mobile della Questura di Pordenone nella serata di ieri ha dato esecuzione all’ Ordine di Esecuzione per la Carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Trieste a carico di un 43enne con cittadinanza italiana residente in città, resosi responsabile, insieme a un complice già condannato a nove anni di carcere per i medesimi fatti, del reato di violenza sessuale aggravata commessa nei confronti di una connazionale poco più che ventenne.

Le indagini immediatamente attivate nel 2016 dalla Squadra Mobile della Questura di Pordenone, non appena acquisita la denuncia presentata dalla vittima, permettevano agli investigatori di  ricostruire l’episodio con grande accuratezza,  evidenziando un quadro chiaro e coerente con le evidenze  probatorie emerse nel corso degli accertamenti.

In particolare, venivano alla luce le modalità agghiaccianti della violenza, perpetrata con premeditazione e lucida crudeltà dai condannati, ritenuti responsabili di una vera e propria predazione sessuale ai danni della ragazza, caduta in una drammatica trappola ordita con subdola determinazione da parte dei suoi aguzzini.

Infatti la ventenne, mentre si trovava a trascorrere la serata in compagnia di un’amica e di alcuni conoscenti in un locale della provincia, veniva notata dai due uomini i quali, dopo averla avvicinata al tavolo si prodigavano nel farla bere oltremodo, sino a condurla ad uno stato avanzato di ebbrezza alcolica, come successivamente confermato sia dalla stessa che da alcuni testimoni ascoltati nel corso delle investigazioni; dopo averla progressivamente isolata dai suoi amici, approfittando anche della confusione e della folla presente nel bar e senza lasciarla nemmeno per un momento sino all’alba, la scortavano infine fuori dal locale e, approfittando dello stato di oramai semi incoscienza da loro procuratole, la conducevano nell’appartamento dell’odierno arrestato, ove i due uomini somministravano altri alcolici alla ragazza con lo scopo evidente di ridurla alla totale incoscienza e dunque averla alla loro assoluta mercè.

A questo punto, oramai in procinto di perdere i sensi, la giovane si recava in camera da letto, dove scopriva trovarsi addirittura il figlioletto di sette anni dell’arrestato che stava dormendo e si coricava a fianco del bambino,  addormentandosi a sua volta immediatamente, ma solo per svegliarsi soltanto poco tempo dopo, precipitando in un drammatico incubo: il ragazzino non si trovava più accanto a lei, invece uno dei due uomini, al momento da lei non riconosciuto a causa dell’oscurità,  la stava immobilizzando mentre la violentava, impedendole di gridare e continuando respingendo ogni tentativo di difesa da parte della ragazza.

Grazie alla consolidata esperienza di ascolto, gli investigatori della Polizia di Stato hanno saputo valorizzare le dichiarazioni della vittima potendo ricostruire i fatti con coerenza e veridicità, indispensabili per ottenere la giusta risposta giudiziaria a questa odiosa vicenda, permettendo altresì di individuare persone in grado di riferire particolari fondamentali e raccogliendo in modo rapido e approfondito le loro preziose testimonianze, tutti fatti ampiamente riscontrati anche dalle attività tecniche contestualmente attivate dagli inquirenti.

Proprio dalle informazioni così raccolte gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Pordenone hanno potuto comporre l’ultimo tassello dell’indagine, scoprendo come la violenza fosse stata portata a termine non soltanto da uno, bensì da entrambi i condannati, che non hanno provato alcuno scrupolo quantomeno  riguardo alla presenza in casa di un bambino, addirittura figlio di uno dei due, dimostrandosi totalmente incapaci di frenare la loro foga criminale e incontrollata, evidenziando una pericolosità di gran lunga fuori dal comune. 

Alla luce delle risultanze investigative descritte, mentre uno dei due complici era già stato condannato a nove anni di reclusione, in data 21 novembre u.s. gli investigatori della Polizia di Stato hanno associato il 43enne Q.C.O. alla locale Casa Circondariale, poiché riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 609 bis c. 1 e 61 n. 5 C.P.

 

 


22/11/2019

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