Sempre più frequentemente ed a varie latitudini, le cronache riportano notizie di episodi criminosi consistenti nella cosiddetta “truffa dello specchietto”. Si tratta di un espediente con il quale soggetti senza scrupoli, simulando di aver riportato la rottura di uno specchietto retrovisore a causa di una altrui manovra di guida scorretta, pretendono il risarcimento immediato da parte di malcapitati, che molto spesso vengono adocchiati in donne ed anziani. Sguardi torvi e modi poco urbani contribuiscono affinché la pretesa di somme “cash”, che solitamente si aggira intorno ai cento euro, venga accettata dalle vittime pur di chiudere in fretta la questione e riprendere ognuno la propria strada.
Quella sopra descritta può definirsi l’ipotesi “classica” del fenomeno. Ma ne è stata individuata una variante più articolata, minacciosa e redditizia che, alla consueta simulazione del presunto incidente, fa seguire l’impossessamento di borselli, portafogli e quant’altro possa essere di valore, che la “vittima di turno” lascia temporaneamente incustoditi all’interno della propria auto.
Questo è quanto emerge dalle risultanze di un’indagine della Polizia di Stato, svolta sotto le direttive della Procura della Repubblica di Messina, che si è conclusa con l’arresto di un giovane, riconosciuto come l’autore di tre distinti episodi criminosi, perpetrati lungo le autostrade A/18 Messina-Catania e A/20 Messina-Palermo tra i mesi di novembre e gennaio scorsi. Agendo in complicità con un altro soggetto, il giovane “abbordava” con la propria auto la potenziale vittima alla quale attribuiva la presunta collisione: quindi, con metodi decisi, la costringeva a fermarsi e, distraendola contestando il presunto danno riportato, favoriva l’azione del complice, lesto ad impossessarsi degli effetti personali presenti nell’auto. In due dei tre episodi, la sottrazione di altrettanti borselli è andata a segno; nel terzo, il tentativo di strappare di mano il cellulare della vittima è stato vanificato dalla sua pronta reazione.
L’analisi dei filmati di videosorveglianza ha permesso agli uomini della Polizia Stradale di Messina di individuare l’autovettura utilizzata dagli autori del reato e, conseguentemente, l’identificazione del conducente: si tratta di un ventunenne di origini calabresi, domiciliato in provincia di Catania. Il successivo riconoscimento operato dalle vittime ha chiuso il cerchio delle responsabilità sul giovane, a carico del quale il G.I.P. del Tribunale del capoluogo peloritano ha riconosciuto la gravità del quadro indiziario ed ha emesso la misura cautelare degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico. L’uomo è stato quindi tratto in arresto pochi giorni fa: si tratta dello stesso soggetto che, unitamente ad un complice, è stato deferito all’A.G. circa una settimana addietro dalla Polizia Stradale di Siracusa per un episodio assolutamente simile commesso in quella provincia.
Novità di rilievo è data dalla circostanza secondo cui, condividendo in larga parte le argomentazioni avanzate dalla Procura, il G.I.P. ha riconosciuto nel proprio provvedimento gli estremi della violenza privata nell’azione costrittiva con cui una delle vittime è stata fermata prima di essere derubata. Elemento che ha fatto scattare la contestazione del reato di rapina per uno dei tre episodi (il secondo è stato contestato quale tentata rapina impropria ed il terzo quale furto con destrezza).
Quanto sopra, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca costituzionalmente garantito e nel rispetto dei diritti dell’indagato che, in considerazione dell’attuale fase delle indagini preliminari, è da presumersi innocente fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità e con la precisazione che il giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo all’indagato.