Nella notte appena trascorsa, più di 100 operatori della Polizia di Stato sono stati impegnati in un’ampia operazione che ha portato all’esecuzione di una misura nei confronti di 22 persone indagate, a diverso titolo, per reati in materia di stupefacenti e armi, di cui uno è ancora attivamente ricercato.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno consentito di far luce su una vasta compagine criminale, armata, perfettamente organizzata per rifornire di droga, in via continuativa, i consumatori dei quartieri cittadini di “Gazzi” e “Mangialupi”.
Le investigazioni originano dalle rivelazioni di alcuni soggetti che, sul finire del 2018, avevano fornito generiche indicazioni su una centrale di spaccio attiva nel rione “Gazzi”. Le successive indagini, supportate da servizi tecnici e attività dirette sul territorio, hanno messo in luce l’esistenza di due distinte cellule criminali: una più ristretta, operante in Calabria ed impegnata nel rifornire l’altra, più articolata e capillare, che immetteva sul mercato della città metropolitana di Messina, ed in alcune località della provincia, rilevanti partite di cocaina.
Secondo l’ipotesi di accusa, che dovrà trovare conferma nei successivi gradi di giudizio trattandosi ancora di indagini preliminari durante le quali sono stati valutati dal G.I.P i gravi indizi raccolti, l’organizzazione messinese era composta da più di 10 persone appartenenti a due nuclei familiari, fra loro legati, cui facevano poi riferimento numerosi altri soggetti impegnati nello spaccio minuto di droga, soprattutto nei quartieri cittadini di “Gazzi” e “Mangialupi”.
Il “ciclo della droga” era curato in ogni dettaglio: la sostanza veniva occultata in luoghi di custodia esterni alle abitazioni - tombini, canalette di scolo, autovetture abbandonate, anfratti dei muri – e li ricollocata dopo le cessioni; le donne fungevano sovente da vedette a tutela degli “addetti” alle forniture, che si alternavano secondo un consolidato ed efficiente modello organizzativo composto da figure versatili e legate tra loro da vincoli di parentela.
L’attività di spaccio non conosceva pause; gli acquirenti si avvicinavano ai pusher ad ogni ora del giorno e della notte, tanto da poter documentare, nell’arco dei cinque mesi di sorveglianza, più di tremila cessioni per un giro d’affari quantificato in 50.000 € mensili circa.
La continuità dei rifornimenti era assicurata da alcuni calabresi, anch’essi arrestati, che gestivano i contatti con i vertici del gruppo dei “messinesi” mediante apparecchi cellulari dedicati che garantivano un elevato livello di riservatezza delle comunicazioni.
Numerosi sono stati i casi in cui gli investigatori dell’Antidroga sono intervenuti in flagranza per intercettare lo stupefacente; in altre occasioni, invece, sono state rinvenute e sequestrate armi e munizioni, ben conservate e perfettamente funzionanti, nella disponibilità del gruppo.
Sulla scorta del quadro indiziario così raccolto, salvo diverse valutazioni nei successivi livelli di giudizio e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, il Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere per 16 indagati e quella degli arresti domiciliari per altri 6. Uno dei destinatari della misura cautelare in carcere è, allo stato, attivamente ricercato.