Pensava di averla fatta franca, di essersi assicurato l’impunità, di aver messo a segno i suoi colpi con tale maestria da non risultare identificabile, di non essere raggiungibile in quell’abitazione distante numerosi km dai luoghi teatro dei suoi progetti criminali.
Siamo nel mese di luglio dello scorso anno quando sotto il sole cocente di una spiaggia a sud di Messina davanti agli occhi attoniti degli amanti della tintarella un uomo tenta di scippare una donna. Le urla della malcapitata lo dissuadono portandolo a darsi a precipitosa fuga ma chi ha assistito all’accaduto ne fornisce un dettagliata ricostruzione riferendo anche com’era abbigliato.
Passa poco tempo e la scena si ripete. Anche questa volta è una donna ad essere presa di mira. E’ seduta in macchina in attesa del marito che sta effettuando un’operazione bancomat quando le si avvicina un uomo. Lei grida a più non posso e l’uomo scappa. Fornirà ai poliziotti una puntuale descrizione delle fattezze del suo aggressore e degli indumenti dallo stesso indossati.
Seguono due altri episodi ben più gravi ai danni di due uomini costretti a ricorrere alle cure mediche per le conseguenze riportate. Questa volta il malvivente riesce ad accaparrarsi il bottino preso di mira. La prima rapina la consuma in un parcheggio antistante un esercizio commerciale assalendo alle spalle la vittima che strattona e fa cadere a terra allontanandosi velocemente a bordo di un auto di colore scuro.
La seconda, invece, la realizza alla fermata del bus con le stesse identiche modalità e fuggendo sempre a bordo dello stesso mezzo.
Serrate indagini prendono avvio già dal primo episodio criminoso: i poliziotti delle Volanti della Questura di Messina sentono testimoni, costruiscono un profilo dell’autore dei delitti, consultano le banche dati, visionano con particolare cura le immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza, setacciano il territorio alla ricerca, tra l’altro, dell’autovettura. E poi la svolta: rinvengono una macchina con le stesse caratteristiche di quella a bordo della quale il rapinatore si era allontanato negli ultimi due colpi messi a segno. Si tratta di una Peugeot 107 scura abbandonata con le portiere prive di sicura ed i finestrini abbassati. All’interno i documenti del proprietario che immediatamente raggiunto riferisce che ad usarla è il figlio. Il giovane viene sentito e di fronte ai numerosi e dettagliati elementi probatori raccolti dagli investigatori ammette di essere lui ad averla guidata permettendo al complice, materialmente autore dei reati, di abbandonare velocemente la scena del crimine.
Inizia la caccia all’uomo. Perquisiscono la sua abitazione con esito positivo: sequestrano alcuni indumenti coincidenti con quelli indossati per commettere i delitti e oggetti appartenenti ad una delle vittime.
Le ricerche continuano senza sosta e ieri il felice epilogo. Il messinese di 44 anni è stato condotto in carcere in esecuzione dell’ordinanza di applicazione dell’anzidetta misura cautelare emessa dal Gip. Dovrà rispondere, insieme al correo, di tentati furti con strappo e rapine.