Questura di Massa Carrara

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Maltratta la convivente e la figlia di lei

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Arrestato

Nei giorni scorsi il Commissariato di Carrara ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cittadino marocchino di 29 anni, per i reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni, minacce, violazione di domicilio e rapina.

Il provvedimento che ha portato all'arresto dell'uomo, rinchiuso nel carcere di Massa, è stato disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dottoressa Antonia ARACRI, su richiesta del Procuratore della Repubblica, Dottor Aldo GIUBILARO, ed in un momento storico in cui nel nostro Paese è apertissimo il dibattito, sia sociale che politico, circa la violenza sulle donne, pone fine ad una lunga storia di persecuzioni, minacce e violenze, sia fisiche che morali, ai danni di una connazionale dell'uomo, una donna di 36 anni, e della di lei figlia ventenne, entrambe da anni residenti a Marina di Carrara.

Particolare curioso è che già il marito della donna era stato arrestato dal Commissariato nello scorso mese di agosto per stalking nei suoi confronti, in quanto non si era rassegnato alla separazione dalla stessa, e l'aveva perseguitata con appostamenti nei pressi dell'abitazione e presso il luogo di lavoro della ex moglie, nonché con continue telefonate e messaggi ingiuriosi e contenenti minacce, tra cui quella che l'avrebbe sfigurata e che le avrebbe portato via il figlio.

Nel frattempo, la donna aveva intrapreso una nuova relazione con un altro connazionale, vale a dire la persona arrestata nei giorni corsi, nata dopo che lei aveva ospitato l'uomo nella propria abitazione : questi, infatti, era stato arrestato per reati connessi allo spaccio di stupefacenti, e proprio in virtù della disponibilità della giovane marocchina, aveva potuto usufruire del regime degli arresti domiciliari.

Nonostante i problemi con la giustizia del nuovo convivente, la donna sperava di poter trovare con lo stesso un po' della tranquillità che le era mancata nel matrimonio, ma purtroppo questi ben presto si rivelava prevaricatore e violento, trasformando la relazione in un vero e proprio calvario, tanto che la donna era costretta a fare ricorso alle cure del Pronto Soccorso in diverse occasioni, in quanto colpita dal convivente con schiaffi, pugni e calci, tanto che si vedeva costretta ad allontanare l'uomo dalla sua abitazione.

Quest'ultimo, costretto ad andare ad alloggiare in una struttura ricettiva, si introduceva diverse volte nella casa in cui la donna abita con la figlia di 20 anni ed un figlio minore, ed in una occasione, minacciandola con un coltello, la rapinava della somma di 600 euro, addossandole la colpa del fatto che era costretto a pagare l'albergo, e quindi per tale motivo pretendendo con la forza che lei gli desse il denaro necessario per adempiere a tale obbligazione.

La donna, tra l'altro, inizialmente aveva deciso di non denunciarlo, ma si era rivolta al Commissariato presentando un esposto in cui descriveva soltanto parte dei fatti, e chiedendo appunto l'intervento dell'Autorità di Pubblica Sicurezza: a seguito della convocazione in Commissariato, e della conseguente diffida a desistere dalle condotte nei confronti della donna, il connazionale per qualche giorno si calmava, ma poi riprendeva a perseguitarla con incursioni presso l'abitazione e minacce telefoniche.

Nel frattempo, però, essendo emerse dall'esposto fattispecie di rilievo penale perseguibili d'ufficio, veniva immediatamente inoltrata una informativa di reato alla Procura della Repubblica, cui facevano seguito ulteriori denunce successivamente presentate dalla donna, che in poche parole viveva in preda al terrore: oltre ad ulteriori aggressioni, il suo ex convivente la umiliava con gravi offese e con pesanti minacce di male fisico, rivolte sia a lei che alla figlia, tra cui quella di sfigurare con l'acido la ragazza, "imprese" nelle quali sovente l'uomo era solito anche prendere a calci la porta del'abitazione, e in un caso aveva brandito una bottiglia minacciando di romperla in testa alla donna.

I gravi indizi di colpevolezza a carico dell'uomo, e soprattutto la possibilità che lo stesso reiterasse le gravi condotte criminose - circostanza, appunto, verificatasi più volte nel giro di poche settimane - inducevano il Procuratore ad inoltrare con estrema rapidità una richiesta di custodia cautelare in carcere, unica misura ritenuta idonea ad interrompere il comportamento criminale dell'uomo ed a preservare la vittima, ed in considerazione degli elementi raccolti nel corso dell'attività di indagine ed appunto contenuti nella richiesta, altrettanto celermente giungeva il provvedimento cautelare del GIP, che finalmente poneva fine all'incubo delle due donne, mentre per il pregiudicato marocchino protagonista della vicenda (annovera, infatti, diversi precedenti per spaccio di stupefacenti e per spaccio di banconote false), si prospetta un lungo periodo di detenzione.


28/09/2013

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