Denunciati
Tre cittadini italiani di etnia "sinti", originari della Lombardia, sono stati denunciati dalla Squadra Anticrimine del Commissariato.
I tre, un uomo di 28 anni e due donne (rispettivamente di 28 e 27 anni), pregiudicati, sono responsabili di un "furto con destrezza" avvenuto in una gioielleria di Marina di Carrara e che ha fruttato loro un anello del valore di circa 7.000 euro.
Il furto è avvenuto mediante un ben collaudato schema: le due donne, avvenenti e vestite con abiti firmati (in modo da sembrare facoltose turiste lombarde), sono entrate nella gioielleria in tempi successivi simulando di non conoscersi. La prima delle due, entrata nella gioielleria ha chiesto di visionare dei monili in oro; dopo pochi minuti dal suo ingresso è entrata nella gioielleria anche la sua complice, la quale, fingendo di non conoscere l'altra donna, si è a sua volta dichiarata interessata all'acquisto di un anello con diamanti. Le due malviventi iniziavano così una trattativa parallela, con il chiaro intento di indurre in confusione e distrarre i titolari della gioielleria, al fine di agevolare il furto con destrezza dei preziosi che venivano loro mostrati. Una delle due donne veniva servita dal titolare della gioielleria, mentre l'altra dalla commessa; ad entrambe venivano mostrati numerosi monili in oro.
Ad un certo punto, una delle due si dichiarava intenzionata ad acquistare un gioiello e chiedeva alla commessa del negozio di prepararle un pacchetto; poi con la scusa di dovere raggiungere il più vicino sportello bancomat per prelevare il denaro necessario all'acquisto del monile, usciva frettolosamente dalla gioielleria dileguandosi.
Subito dopo, anche l'altra donna improvvisamente interrompeva la trattativa con il titolare, dicendo che sarebbe tornata con calma e chiedeva di uscire dal negozio (la richiesta di poter uscire era formulata in quanto la gioielleria è protetta da porte a doppia apertura a comando del titolare).
Insospettiti dalla condotta frettolosa delle due donne, i gioiellieri controllavano meglio il campionario della merce che avevano fatto visionare alle due "clienti", constatando che un anello del valore di 7.000 euro in oro bianco sormontato da brillanti era sparito. La donna rimasta all'interno del negozio veniva quindi bloccata dai due gioiellieri prima che potesse uscire, ma la stessa negava ogni addebito dicendo testualmente ai titolari: "non l' ho rubato io … è stata l'altra donna che non conosco.." invitandoli a perquisirla ed a controllare il contenuto della sua borsa.
A quel punto il titolare della gioielleria chiamava il 113; una pattuglia della Squadra Volante del Commissariato interveniva sul posto ed identificava compiutamente la donna fermata dal gioielliere, controllandola per verificare se occultasse sul suo corpo l'anello sparito, controllo che dava esito negativo.
Quest'ultima, a carico della quale emergevano precedenti per "furto", veniva condotta in Commissariato dagli agenti della Volante ed indagata per il reato di furto con destrezza.
Nel frattempo gli uomini della Squadra Anticrimine iniziavano un attività di indagine volta all'individuazione della donna dileguatasi con l'anello e di eventuali altri complici.
Veniva ripercorso all'indietro il tratto di strada compiuto verosimilmente dalle due donne per raggiungere la gioielleria (ubicata nell'isola pedonale di Marina) al fine di verificare la presenza nel percorso di telecamere di sorveglianza di altre attività commerciali che potessero avere ripreso l' arrivo delle due complici.
L'accertamento dava esito positivo, poiché una telecamera di un esercizio commerciale posto ai varchi dell'area pedonale, aveva ripreso le due donne che scendevano da una autovettura scura di piccola cilindrata, condotta da un uomo.
Mentre l'uomo rimaneva in attesa nei pressi dell'auto, le due donne si incamminavano assieme verso la zona ove è ubicata la gioielleria.
Alle indagini contribuivano anche gli esperti della Polizia Scientifica del Commissariato di Carrara che riuscivano a "ripulire" la qualità delle immagini del video, consentendo di individuare alcuni numeri parziali di targa della vettura.
Veniva così attuata una laboriosa indagine attraverso gli schedari della Motorizzazione Civile per associare quel dato modello di vettura a quei parziali della targa.
Le indagini portavano ad una serie di vetture "compatibili" con quei dati, di cui una intestata ad un uomo, domiciliato nello stesso "campo sinti" lombardo della donna fermata nella gioielleria, le cui caratteristiche fisiche corrispondevano peraltro a quelle dell'uomo ripreso dalle telecamere alla guida della vettura a Marina di Carrara.
A quel punto, attraverso una serie di riscontri incrociati con altre banche dati, venivano passate al setaccio tutte le frequentazioni dei due soggetti da ultimo menzionati, al fine di rintracciare anche la terza complice che aveva materialmente sottratto l'anello all'interno della gioielleria.
L'attività di indagine portava gli investigatori a focalizzare l'attenzione su una terza nomade, la ventottenne che veniva poi indagata, le cui caratteristiche fisiche corrispondevano alla donna ripresa dalle immagini video acquisite ed alla precisa descrizione fornita dal titolare e dalla commessa della gioielleria.
I tre venivano pertanto denunciati alla locale Procura della Repubblica per il reato di "furto aggravato in concorso".
Giova precisare che grazie al lavoro di indagine svolto dagli investigatori del Commissariato di Carrara, che riusciva ad attribuire un nome a ciascuno dei componenti del terzetto, anche altri organi investigativi di varie località del territorio nazionale (in particolare del centro e del nord Italia) attribuivano al sodalizio numerosi "colpi", fino ad allora rimasti a carico di ignoti, messi a segno in gioiellerie ubicate nelle loro giurisdizioni in date antecedenti e con identiche modalità di quello commesso a Marina di Carrara.
Tali organi investigativi disponevano infatti dei filmati, registrati dalle telecamere delle varie gioiellerie "ripulite", che riprendevano gli autori e le dinamiche dei furti, ma non delle generalità dei malviventi.
Il sodalizio era infatti dedito in maniera professionale ed abituale alla commissione di questo genere di furti, che denotano una spiccata abilità e destrezza, con colpi messi a segno in molte città dell'Italia settentrionale e centrale; l'illecita attività fruttava al gruppo monili in oro di ingente valore che venivano poi ricettati.
A giorni, presso il Tribunale di Carrara, si aprirà il processo ai tre malviventi per il furto commesso a Marina.