Questura di Frosinone

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160 anni di storia della Polizia di Stato

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Frosinone: la città insieme alla Polizia di Stato

Tante le personalità e numerosi i cittadini presenti al Fornaci Cinema Village che ha ospitato la grande famiglia della Polizia di Stato in occasione del 160° Anniversario della sua fondazione.

Una cerimonia all'insegna della sobrietà perché l'attuale contesto socio-economico ed i recenti accadimenti non consentono, di certo, il ricorso a festeggiamenti.

La Polizia di Stato, anche in questa occasione, ha voluto esprimere la propria vicinanza alla cittadinanza nonché il rinnovato impegno teso a non abbassare mai la guardia per realizzare condizioni di massima sicurezza.

I poliziotti della provincia di Frosinone hanno preferito presentarsi alla cittadinanza con la proiezione di un filmato.

Tanti i fotogrammi che, scorrendo sullo schermo, hanno raccontato le storie di donne e uomini della Polizia di Stato, anche nei loro momenti di quotidianità, per offrire ai presenti immagini vere, autentiche delle molteplici attività di Polizia.

Grande la commozione tra i partecipanti, che sono riusciti a cogliere la profonda passione che accomuna quanti, con orgoglio, indossano la divisa della Polizia di Stato.

Particolare attenzione è stata rivolta al discorso del Questore Giuseppe De Matteis che, nel commentare le storie di "coraggio ed innovazione", tema dominante della cerimonia, con le sue parole ha voluto ricordare la forza del coraggio di tutti quei poliziotti che hanno perso la vita per un ideale di giustizia sottolineando che il coraggio è anche la capacità di percorrere per primi la strada che porta verso il cambiamento.


DISCORSO DEL QUESTORE GIUSEPPE DE MATTEIS

Siamo qui riuniti oggi per celebrare i 160 anni della fondazione della Polizia, e vorremmo che fosse una giornata di festa. Non può essere così.
Nessun sentimento di gioia riesce a trovare ospitalità nei nostri cuori.
C'è l'orrore per una ragazza di sedici anni straziata dalla follia criminale davanti ad una scuola dedicata alla memoria di due giudici, simbolo di una lotta e di un riscatto morale di un popolo che si ribella alla mafia.
C'è l'orrore per un terrorismo che torna a colpire innocenti, lavoratori, padri di famiglia, esempio di un'Italia che sul lavoro, sul sacrificio e sull'onestà ha costruito le proprie speranze di sviluppo e di progresso.
C'è un Paese, il nostro Paese, che sta soffrendo: per una crisi economica quasi senza precedenti, che fa perdere benessere, certezze, serenità e speranza di futuro.
Ci svegliamo, forse in ritardo, dall'illusione di poter vivere in un mondo necessariamente migliore perché pensavamo che tutto, col semplice passare del tempo, fosse destinato a migliorare, a prescindere dalla nostra azione, dal nostro impegno quotidiano.
E invece il nostro futuro dipende sempre dai valori che condividiamo nel presente, e dal modo in cui riusciamo a metterli in pratica nella nostra vita, nel nostro lavoro, nel nostro servizio quotidiano a favore della gente e del Paese.
Tutto sta peggiorando forse perché non riusciamo più a sognare, a ricordare.
E' bene allora, di questi tempi, tornare alle nostre origini, riappropriarci delle nostre radici, ricordare la nostra storia, perché tornare indietro è a volte l'unico modo per andare avanti.
La Polizia nacque 160 anni fa, quasi contemporaneamente all'Italia; era quella epoca di grandi cambiamenti, un po' come quella attuale.
Coraggio e innovazione, meglio il coraggio dell'innovazione, hanno caratterizzato la nostra lunga storia. Quella che ci fece nascere come struttura armata per reprimere le devianze di una società fragile e ci ha fatto diventare strumento e presidio di legalità, tutori dell'ordine e dei diritti dei cittadini.
Con tutti i limiti del ruolo e della nostra natura di uomini, e con tutti gli errori che dall'uno e dall'altra possono derivare; perché comunque la Polizia di Stato è un rimedio chirurgico al male di una società, ad altre Istituzioni spetta il compito, forse più difficile, senz'altro più importante, di affrontare il disagio sociale, che è spesso causa e premessa del crimine.
Oggi più che mai, anche in questa provincia.
Grave è la responsabilità di chi ricorre alla polizia per contenere, o peggio, per dare risposte al disagio, alla miseria, alla disperazione.
Quando questo avviene, maggiore è la possibilità dell'errore umano, e il pericolo di una regressione culturale del livello di civiltà in un Paese moderno e democratico; per questo, noi che gestiamo questa delicatissima funzione, in momenti obiettivamente difficili abbiamo il dovere di mantenere ben chiari i fini della nostra azione, la storia da cui veniamo e i valori che costituiscono fondamento del nostro stare insieme.
Valori antichi, che risalgono all'antica democrazia del popolo ateniese, che si sono arricchiti del pensiero cristiano e cattolico, e che rimangono obiettivi imprescindibili della nostra azione quotidiana, faro nei momenti bui, certezza nel periodo di dubbio: noi poliziotti d'Italia siamo oggi più che mai custodi dei valori sacri della libertà, della democrazia e della giustizia e difensori ad ogni costo, fino al sacrificio estremo, del diritto dei nostri cittadini a vivere sicuri in una società giusta e libera.
Quest'attaccamento ai valori riconosciuti come fondamentali dalla Costituzione Italiana, ci consente di essere un'Istituzione amata dalla gente, naturale destinataria di un'ammirazione e di una fiducia che inorgoglisce e incita a proseguire; anche nei momenti più difficili, come appare quello attuale, soprattutto in momenti come questo.
E sappiamo anche perché.
La polizia, disse Bonaparte, che creò il sistema sicurezza ancora oggi vigente in tutta Europa, il sistema dualista polizia-gendarmeria, "è cosa che convien fare senza passione".
Ecco, noi della Polizia di Stato abbiamo dimostrato, in 160 anni di storia, di avere idee diverse sull'argomento, anzi, del tutto opposte, perché la lezione che ogni generazione di poliziotti consegna a quella successiva è sempre la stessa: non si può fare questo mestiere senza una grande passione, senza una compartecipazione intima dei drammi, delle storie, delle emozioni e delle speranze che ogni giorno condividiamo con i nostri cittadini. Siamo equidistanti dagli interessi in gioco, questo sì, ma non accettiamo mai che questa equidistanza diventi ignavia, indifferenza, egoismo. Non riusciamo, noi poliziotti ad essere insensibili alla sofferenza dei cittadini.
Oggi più di ieri; come spiegare altrimenti quegli ordinari atti di straordinario eroismo, di coraggiosa determinazione, di cui uomini e donne del tutto normali sanno fornire prova nelle piccole e nelle grandi imprese quotidiane?
Solo l'esistenza di una profonda passione, che ogni poliziotto mette nel proprio mestiere, sino a trasformarlo in una autentica missione per il bene della collettività, rende possibile tutto questo.
Abbiamo visto in questi 160 anni uomini comuni, ma con un coraggio non comune, che li ha portati talvolta ad obbedire alla legge di Dio prima che a quella degli uomini; come capitò a Giovanni Palatucci, questore di Fiume, oggi giusto tra le nazioni.
Il suo dovere di funzionario gli imponeva di denunciare e far giustiziare migliaia di cittadini ebrei, lui decise di disobbedire alla legge ingiusta di un periodo oscuro della nostra storia, e li salvò, pagando con la sua vita. Questi sono i nostri eroi.
Donne comuni, come Emanuela Loi, agente di polizia in servizio presso il Reparto scorte di Palermo, che mai pensò di farsi trasferire in un posto un po' meno rischioso per una donna, e che in una soleggiata mattina di luglio fu massacrata dall'esplosione che mise fine alla vita dei suoi colleghi e del giudice Borsellino. La prima donna caduta in servizio tra le file purtroppo numerose dei nostri morti. Questi sono i nostri eroi.
Uomini e donne comuni, come i cinquanta poliziotti della questura di Frosinone, che come migliaia di loro colleghi in tutta Italia, hanno deciso, prima ancora che arrivasse l'ordine, di partire con ogni mezzo a disposizione, verso L'Aquila martoriata dal terremoto, per strappare dalle macerie centinaia di vite umane e portare soccorso alla popolazione, senza sapere quando e se avrebbero fatto ritorno.
Persone comuni, che mettono nel proprio lavoro una passione eroica, forse perché fare il poliziotto era il loro destino, il sogno che avevano fatto quando erano bambini; o forse perché si sono trovati, per caso, in una famiglia di 103.000 fratelli e sorelle distribuiti in tutto il Paese, la nostra famiglia, nella quale ogni giorno si deve dimostrare con i fatti di essere degni di stima e di rispetto, per poter vestire quella giacca blu.
Donne e uomini che costituiscono uno dei tanti esempi di un'Italia laboriosa, generosa e splendida nella sua grandezza morale, di un'Italia che è la maggior parte del Paese, ma non fa notizia, perché, si sa, fa più rumore un solo albero che cade che un'intera foresta che cresce.
Poliziotti coraggiosi, come quelli che nel febbraio di quest'anno, durante la nevicata che tanto disagio ha arrecato alla popolazione, si sono recati al posto di lavoro sfidando il maltempo con ogni mezzo, anche con un trattore, o arrancando nel fango e nella neve, e
per giorni e giorni hanno battuto le strade impervie della provincia, prestando il proprio servizio alla collettività: in soli tre giorni sono pervenute al 113 oltre 10.000 domande di soccorso, 500 sono stati gli interventi di pronto soccorso, centinaia i cittadini assistiti decine quelli salvati da rischi estremi.
Gente comune, come i due agenti della polizia stradale che in una notte di febbraio, durante lo sciopero degli autotrasportatori, a rischio della propria vita, sono intervenuti per strappare da un camion in fiamme un autista immobilizzato nella cabina di guida.
O come i due agenti del Commissariato di Cassino, che in una delle sere della lunga nevicata hanno salvato, a rischio della propria vita, una coppia di giovani fidanzati finiti con la propria auto nel torrente ghiacciato; coraggiosi e imprevedibili, come gli agenti della Squadra mobile che nella tormenta hanno inseguito e fermato sull'autostrada un camion con a bordo dei pericolosi trafficanti di droga, realizzando il più grosso sequestro di droga di quest'anno nel Lazio; oltre un quintale e mezzo di sostanza stupefacente.
Non è un caso che questo avvenga.
I valori, la passione, il coraggio, sono il motore di questa macchina sorprendente che è la Polizia di Stato.
La capacità d'innovare, di tentare strade nuove per dare risposte attuali e concrete alle reali esigenze del cittadino è la sua benzina.
Non basta il coraggio fisico per far bene questo mestiere, viene richiesto anche il coraggio morale: mutano la società ed il mondo in cui viviamo, in maniera del tutto imprevista, e con tempi straordinariamente veloci. Occorre allora il coraggio di saper interpretare, di progettare, di pensare soluzioni nuove e diverse, di lasciare la strada vecchia per azzardare, per primi, percorsi non ancora battuti.
Ha detto qualcuno che "folle è colui che percorre per primo il sentiero che poi i savi percorrono abitualmente"; è il coraggio dell'innovazione, ossia la capacità di percorrere per primi la strada che porta al cambiamento.
Questo coraggio d'innovare, di sperimentare, di rischiare è il tratto saliente di questa storia lunga 160 anni, della nostra storia: siamo stati i primi ad assumere tra i nostri ruoli gli ex partigiani, tracciando, già al tempo, il sentiero di una polizia a status civile, siamo stati i primi a dare un ruolo alla donna, in tempi in cui la donna era relegata ai margini della società produttiva, siamo stati i primi ad aprire al sindacato e quindi al rispetto codificato del diritto dei poliziotti e ad una gestione più razionale delle risorse pubbliche, e siamo stati pronti a cogliere l'importanza di metter piede nel mondo della criminalità informatica, e a puntare su nuovi strumenti per scardinare la criminalità organizzata.
Oggi siamo impegnati a far maturare il convincimento che il conseguimento della legalità, più che la mera repressione dei reati, dev'essere la nuova frontiera dell'azione di polizia. E che la legalità deve essere intesa in un senso orizzontale, come prodotto dell'azione di tutti, cittadini, associazione e istituzioni, non in senso verticale, come un risultato dell'azione di polizia e magistratura, calato dall'alto ad una cittadinanza estranea al processo di formazione.
" Perché una società vada bene, si muova nel progresso e nell'esaltazione dei valori della famiglia del bene comune e della concordia, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere".
Questo era il pensiero di un americano, J.F.Kennedy, ancora oggi molto attuale.
Così la pensava un italiano che si chiamava Giovanni Falcone e che ci manca tanto soprattutto di questi tempi in cui l'impegno dello Stato contro mafia e corruzione sembra finalmente aver superato il punto di non ritorno.
Non fosse altro che per il fatto che oggi finalmente è il Capo dello Stato a rivendicare la assoluta priorità della lotta alla mafia e alla mafiosità, perché in questa lotta c'è il dramma, e la speranza del nostro Paese.
Ognuno facendo il proprio dovere, tutti siamo chiamati ad un'azione collettiva di riscatto, di civile liberazione dal cancro di un crimine che in maniera sempre più subdola penetra tra i gangli vitali della nostra società.
Saremo, noi della Polizia di Stato insieme alla magistratura, ai Carabinieri, alla Guardia di Finanza, al fianco dei cittadini che hanno il diritto di vivere secondo i valori di questa terra antica e nobile, respingendo i tentativi di corruzione di un tessuto sociale ed economico fondamentalmente sano, come sana, laboriosa e onesta è la gente che da millenni vive nella provincia di Frosinone. E saggia, soprattutto; di un'antica saggezza contadina, dura come la terra, che ha bisogno di pazienza e di sudore per dare i frutti migliori, ma riconoscente e generosa con chi la sa rispettare. Questa è una terra che merita rispetto e noi vogliamo che essa sia rispettata, e faremo di tutto affinché così sia.
Tanto facciamo, anche se i tempi sono più difficili, e il nostro lavoro appare obiettivamente più pesante rispetto a qualche tempo fa: aumentano gli impegni, si diffonde anche in Ciociaria un crimine di un'efferatezza inusitata e sconosciuta, che non risparmia più neanche gli anziani; e il Paese, non certo per capriccio, ma per necessità, più di tanto in questo momento non ci può offrire, in termini di risorse e di investimenti.
Ma noi della Polizia di Stato siamo abituati a pensare come quegli antichi guerrieri greci, un po' cialtroni e un po' coraggiosi, che per tirarsi su il morale nei tempi difficili amavano dire: " Noi di Sparta non chiediamo mai quanti sono i nemici, ma dove sono."
Non c'interessa, quando lavoriamo, quanto ci danno, quante risorse abbiamo, se ci pagheranno lo straordinario o se ci rimborseranno le spese di missione; certo che abbiamo problemi di risorse, ma noi prima andiamo a stanare i criminali, ovunque siano e a qualsiasi costo, e poi facciamo i conti, e i conteggi. Così ci hanno insegnato i nostri predecessori, così, da 160 anni a questa parte funziona la Polizia di Stato.
Tanto stiamo facendo, in questa provincia, per restituire ai cittadini condizioni di serenità, di sicurezza e di fiducia, tanto.
Sotto la guida di due Autorità Giudiziarie che a Frosinone e a Cassino esprimono il meglio di quanto qualsiasi investigatore possa desiderare in termini di competenza, di professionalità e se è concesso, di passione, per un lavoro difficile e prezioso.
E di un Prefetto vigoroso ed energico, capace di fornire un impulso essenziale e determinante all'azione per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Ne' possiamo tacere su qualcosa di straordinario che sta avvenendo e che è il vero segreto del successo che in questa provincia accomuna l'operato delle forze dell'ordine: c'è a Frosinone un perfetto coordinamento tra le Forze di Polizia, in primis con l'Arma dei Carabinieri e con la Guardia di Finanza, che ha consentito per tutti risultati lusinghieri sul fronte della sicurezza: nel 2010 secondo il rapporto di EURES Frosinone è stata di gran lunga la Provincia più sicura del Lazio, non perché qui poco succede, ma perché qui noi arrestiamo i colpevoli, e preveniamo i reati. E il 2011 ha permesso addirittura di migliorare l'azione di controllo e di repressione del crimine.
Qui a Frosinone, noi lavoriamo così.
Gli arrestati dalla Polizia di Stato nell'anno 2011 sono stati circa il 16% in più rispetto al 2010. Ed anche dal punto di vista qualitativo il miglioramento balza all'occhio: sono state sgominate dalla Polizia di Stato ben sei associazioni a delinquere operanti sul territorio e sono stati sequestrati oltre 152 chilogrammi di sostanza stupefacente, con un incremento senza precedenti nella pur lunga storia criminale di questa Provincia.
Un successo destinato a ripetersi, giacché in questi primi sei mesi del 2012 la sostanza stupefacente sequestrata dalla polizia ammonta già a 170 kilogrammi; siamo la questura che vanta i sequestri più consistenti in tutto il Lazio, tra le prime in Italia.
Eppure cerchiamo sempre di rendere ancora più fruibile il servizio offerto al cittadino, con soluzioni più adeguate, per far emergere il mondo sommerso di quei reati difficile da scoprire: abbiamo concluso accordi con particolari associazioni, per esempio con Telefono Rosa, che si occupa in prevalenza dei reati contro le donne, oppure con le Associazioni di imprenditori della Provincia nella speranza di far emergere l'odioso reato dell'usura, un fronte sul quale siamo chiamati a dare urgente risposta.
Se da un lato difatti tutte le associazioni di categoria concordano nel ritenere questa Provincia tra le più esposte al racket dell'usura, dall'altra le forze di polizia registrano il più triste dei primati in materia due sole denunce in tutto il 2011 e zero denunce nel 2012.
Segno che qualcosa non va e noi di sicuro non intendiamo farci scudo del freddo dato statistico ed auto convincerci che tutto sia sotto controllo e che tutto vada bene.
La nostra tradizione ci induce a giocare all'attacco e non in difesa: ci suggerisce di mettere le mani dove tutto sembra tranquillo, di puntare i riflettori dove tutto sembra come dovrebbe essere, perché questo è il modo migliore per fare il nostro dovere.
Per le misure di prevenzione il nostro obiettivo è stato innanzitutto quello di allontanare dalla nostra provincia i soggetti pericolosi, che nessun titolo avevano per restare da queste parti, se non quello presumibile di delinquere, nonché di potenziare l' attività di controllo del territorio grazie all''opera preziosa dei Reparti Prevenzione Crimine del Lazio, i quali ci hanno consentito di mettere su strada per quasi la metà dell'anno centinaia di uomini specializzati in più rispetto ai nostri organici.
Il risultato più evidente è che abbiamo quasi raddoppiato i fogli di via obbligatori dalla nostra provincia ed abbiamo incrementato del 65% i provvedimenti di prevenzione emanati rispetto al 2012, mentre abbiamo triplicato i controlli sulle persone e sui mezzi.
Tanto abbiamo fatto sul fronte dell'ordine pubblico, che nel 2011 ha visto la comparsa di numerosi elementi di potenziale disturbo.
La grave situazione socio economica soprattutto ha indotto un incremento notevole dell'ufficio di gabinetto della Questura, preposto a coordinare i servizi di polizia per assicurare la libertà di manifestazione: in un solo anno la provincia di Frosinone è stata
interessata da 2170 manifestazioni, e da numerosi scioperi di categoria per le quali solo la grande professionalità degli operatori delle forze di polizia ha permesso di evitare ogni degenerazione.
Di straordinaria intensità l'attività della Polizia Amministrativa, che ha visto un forte ridimensionamento delle autorizzazioni di Polizia in materia di armi: in perfetta sintonia con l'Arma dei Carabinieri, sono stati adottati criteri molto più restrittivi in materia e questo allo scopo di evitare che anche a seguito di reati predatori organizzazioni criminali o singoli delinquenti possano venire in possesso di armi, magari da usare contro tutori dell'ordine o inermi cittadini.
Tra gli uffici più esposti ad un'impressionante mole di lavoro il nostro Ufficio Immigrazione : la provincia di Frosinone ha registrato nel 2011 un forte incremento di richieste di permessi di soggiorno registrando un aumento complessivo del 25% .
Ad oggi risultano regolarmente soggiornanti in questa provincia 11.400 cittadini extracomunitari: dal 1 gennaio 2011 la Questura ha trattato 6.055 permessi di soggiorno e, a causa dei fenomeni collegati alla primavera araba, sono state trattate 620 richieste di riconoscimento dello status di profugo.
Sono stati allontanati dal nostro territorio circa 200 cittadini stranieri ritenuti pericolosi per l'ordine pubblico ed alcuni accompagnati coattivamente alla frontiera.
Particolarmente lusinghieri i risultati della Polizia Stradale che ha elevato in un solo anno quasi 42.000 infrazioni, un terzo delle quali riguardanti la eccessiva velocità:
a quasi 1.400 persone è stata applicata la sanzione del ritiro e della sospensione della patente e circa 350 veicoli sono stati confiscati e sequestrati.
La Polizia Stradale in un solo anno ha compiuto ben 32 operazioni di rilievo mentre la Polizia Ferroviaria ha incrementato del 55% i dati relativi alle persone denunciate.
La Polizia delle Telecomunicazioni si è particolarmente distinta nella sua lotta contro i reati informatici reprimendo la pedopornografia su internet e le truffe informatiche.
Del tutto sotto controllo appare l'attività delle etnie collegate in qualche modo al terrorismo internazionale: la Digos ha decapitato l'anno scorso con l'operazione CESTIA e l'operazione SCUTUM alcune organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti e vicine e vicine al mondo del terrorismo internazionale mentre la situazione da questo punto di vista appare del tutto non preoccupante.
Ma l'ufficio più impegnato di tutti perché chiamato in prima linea ad offrire il prezioso supporto a tutti gli altri uffici, sia sul fronte delle investigazioni che su quello dell'ordine pubblico è stato questa volta quello della Polizia scientifica, un gruppo di uomini altamente specializzati nella trattazione tecnica delle tracce del reato che quest'anno è riuscito davvero a fare miracoli per sbrigare una mole impressionante di lavoro con risultati lusinghieri; a loro il merito di aver contribuito alla identificazione di numerosi criminali che abbiamo assicurato alla giustizia.
Questo quello che abbiamo fatto, ma più interessante sarà quello che da qui a poco andremo a fare; riteniamo che anche in questa provincia la Polizia di Stato possa contribuire alla crescita del nostro Paese, e noi vogliamo contribuire colpendo le aggressioni più subdole a quella legalità che è la base di ogni sviluppo economico, morale e materiale .
Ringraziamo i nostri anziani colleghi dell'A.N.P. per quanto ci hanno insegnato a proposito di coraggio e di passione; siete voi buona parte della nostra storia, vogliamo rivolgere un pensiero ai nostri caduti, a quei colleghi che oggi non sono più tra di noi: ai familiari presenti in sala l'assicurazione che la grande famiglia della Polizia di Stato saprà essere ancora, e sempre, la vostra famiglia.
Infine mi sia concesso di ringraziare pubblicamente i poliziotti e le poliziotte di Frosinone, i miei uomini, per quello che ogni giorno riescono a fare e per il modo in cui lo fanno.
Mi rendete orgoglioso di essere il vostro "capo", come dite voi, e vi confesso che buona parte dell'energia e della passione che riesco a mettere nel mio lavoro è dovuta all'esempio che ogni giorno mi date col vostro lavoro, con la vostra passione e col vostro spirito di sacrificio; siete tra i migliori "sbirri" che io abbia mai incontrato in 27 anni di polizia in tutta Italia e il mio unico desiderio è farlo sapere prima che io lasci questa provincia, perché lo meritate.
In cambio vi offro un pensiero al quale ogni giorno ispiro la mia azione, sin da quando, da bambino, sognavo anch'io, come molti di voi, di fare il poliziotto. Appartiene ad un canto di libertà e di pace dell'America latina, conosciuto come " Solo le pido a Dios", ed è una preghiera rivolta al Dio dei cristiani o al Dio, improbabile, dei non credenti.
"Solo una cosa chiedo a Dio: che il dolore della gente non mi sia mai indifferente, e che la morte quando arriva, non mi trovi vecchio e solo, col rimpianto di non aver fatto ciò che avrei dovuto fare."
Viva la polizia di Stato, viva l'Italia.


29/05/2012
(modificato il 23/10/2014)

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