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Nelle prime ore della mattinata odierna.....(continua)

Nelle prime ore della mattinata odierna personale della Polizia di Stato della Questura di Foggia appartenente all'Ufficio D.I.G.O.S ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dall'Ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Foggia su richiesta della locale Procura della Repubblica a carico di tre foggiani perché responsabili in concorso dei reati di truffa, estorsione e minaccia grave.

Le indagini condotte dal personale dipendente la D.I.G.O.S. e coordinate dalla locale Procura della Repubblica hanno posto in luce una dinamica di mercimonio relativa a promesse di posti di lavoro nell'ambito della vigilanza privata e di gravi intimidazioni finalizzate a garantire l'impunità degli indagati.

Con ruoli diversi, ma con unico disegno criminoso, due dei tre arrestati alimentavano certe e rapide aspettative di collocazione lavorativa presso un noto Istituto di Vigilanza di Foggia, garantendone il buon esito attraverso l'intermediazione di un ex poliziotto, allo stato in pensione, colpito anch'egli da ordinanza di custodia cautelare, che, peraltro all'epoca dei fatti ancora in servizio attivo di polizia, gestiva interamente l'iter burocratico necessario alle assunzioni.

I primi due , di fatto calati nel ruolo di esattori, prestavano "assistenza" a soggetti in cerca di stabile occupazione chiedendo e ritirando il denaro ( 12.500 euro per ciascuna promessa assunzione ); il terzo operava sul menzionato doppio fronte grazie alle relazioni tenute in ragione della qualifica rivestita, risultando sempre più organico alla dirigenza dell'Istituto che, peraltro, riteneva rassicurante il suo contributo di indirizzo nella valutazione di eventuali nuovi assunti.

Il meccanismo si incrina quando, non andando a buon fine le prezzolate assunzioni, gli interessati ne chiedono diretto conto all'Istituto di Vigilanza, rappresentando di aver pagato somme importanti per chi non ha un reddito ma, anzi ne è alla ricerca, richiedendo la restituzione delle somme versate agli esattori.

Per tutta risposta, dopo averne assicurato la restituzione, all'atto dell'incontro concertato per la transazione di ritorno, i "procacciatori" si presentano con liberatoria alla mano nella quale si attesta che di mero prestito trattava l' "affaire", che si dava atto della restituzione integrale delle somme "prestate" (senza passaggio di danaro) e che ogni eventuale denuncia fatta dalle "vittime" in questione era da ritenersi ispirata dalla dirigenza dell'istituto che voleva in quel modo, creare i presupposti per prendere le distanze dall'ingerenza dei tre in ordine alla determinazione delle scelte aziendali di assunzione.

Di tutto ciò se ne è pretesa firma sotto minaccia di arma carica.


13/02/2014

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