E' di tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e diciannove denunciati, il brillante risultato dell'operazione "Domino", conclusa alle prime luci dell'alba del 23 novembre. L'attività d'indagine ha permesso di scoprire ben otto società di comodo create dall'associazione criminale e ben ventotto episodi criminosi che hanno fruttato ingenti somme di denaro nell'ordine di centinaia di migliaia di euro. Rastrellamenti di denaro che avrebbero potuto essere ben maggiori se la strategia adottata dagli investigatori non fosse stata quella di bloccare qualsiasi forma di approvvigionamento dell'organizzazione per salvaguardare i soggetti presi di mira.
L'indagine ha interessato un'organizzazione criminale radicata in questo capoluogo, dedita ormai da anni alla commissione in via principale di truffe in danno di istituti bancari, società finanziarie e compagnie telefoniche.
La masnada per portare a compimento il proprio disegno criminoso aveva bisogno oltre che di prestanomi o di persone compiacenti anche di creare ad arte delle di società.
I truffatori dopo aver richiesto e ottenuto dalle compagnie telefoniche apparecchi cellulari o l'attivazione di una tipologia di contratto, al momento delle rimostranze o ingiunzione forzosa del pagamento poiché non avevano onorato gli impegni economici, arrivavano a denunziare falsamente di essere stati vittima di clonazione di identità, non adempiendo all'obbligazione contratta e sdegnosamente dicendosi del tutto estranei alle contestazioni.
Tutto ha inizio nel mese di febbraio 2010 quando una volante fermava per un controllo un'autovettura di grossa cilindrata, marca BMW X5. Gli agenti della Squadra Mobile appuravano che l'autovettura era stata rubata in provincia di Bologna per poi essere riciclata con targhe false perfettamente contraffatte e con un libretto di circolazione proveniente da un furto alla Motorizzazione Civile di Pisa, anch'esso perfettamente contraffatto. Ad un primo controllo l'autovettura poteva risultare perfettamente in regola, in quanto la targa era pulita, ma verifiche più approfondite portavano a scoprire che in realtà la targa era di una Porsche cabrio. Questi prodromi facevano capire agli investigatori che si trovavano di fronte ad una ben organizzata società criminale.
Parte della vicenda ruotava attorno a finanziamenti - mai onorati -, perlopiù richiesti facendo risultare l'intenzione di acquistare un'automobile presso l'autosalone di proprietà di M.C., 44enne ferrarese, il quale in diverse occasioni non soltanto prendeva diretti contatti con l'intermediario finanziario (in ragione della propria attività), ma produceva preventivi con l'intento di avallare l'interesse del "cliente". La pratica di finanziamento era istruita producendo "logicamente" falsa documentazione, sia fiscale che di identità: buste paga, CUD e spesso copie di documenti d'identità di ignare persone sopra le quali venivano applicate le foto dei truffatori.
Il ruolo al vertice era ricoperto da C.A, ferrarese di 46 anni, elemento di indubbie qualità organizzative e di gestione affiancato da altri due ferraresi di 42 e 53 anni, impegnanti non solo a reclutare altri "associati", ma ad ottenere in modo fraudolento mutui bancari e a muoversi in prima persona nel ricettare telefoni e computer portatili. Per ultimo, sempre ai vertici del sodalizio D.C., un 35 enne proveniente dal salernitano, abile truffatore specializzato nel depredamenti di autoveicoli ma anche di macchine per movimento terra e da cantiere.