Alcuni giorni fa il Questore di Fermo ha irrogato un provvedimento di divieto di accesso a tutte le manifestazioni sportive di tipo calcistico per la durata di anni 1 ad un calciatore di una squadra dilettantistica della provincia. I fatti si riferiscono ad una gara di seconda categoria disputata in campo neutro a Porto San Giorgio nel mese di maggio e valevole per i play off promozione. Nell’occasione, un giocatore di una squadra dell’entroterra fermano, con un passato da professionista nelle file della Fermana, proferiva un insulto razzista nei confronti di avversario di origine gambiana. Il tutto veniva sentito dal guardialinee che richiamava l’attenzione dell’arbitro il quale provvedeva ad espellere il calciatore autore dell’infelice frase dal connotato “razzista”. Il giudice sportivo, dopo aver letto il referto arbitrale, comminava una squalifica di ben 5 giornate da scontare nel prossimo campionato.
L’autore dell’insulto che, nell’occasione, rivestiva la fascia di capitano, nei giorni successivi, capita la gravità del suo comportamento, offriva un risarcimento alla vittima, atto che consentiva ricondurre il citato provvedimento interdittivo nella misura minima sia in considerazione del comportamento complessivo del calciatore, che si è subito reso conto della gravità del fatto, sia in considerazione che l’insulto era stato proferito alla fine della gara in un momento di tensione agonistica.
Tuttavia un insulto di stampo razzista, pur proferito in un momento di tensione dovuto al contesto agonistico, costituisce in astratto un fatto che in qualche modo incita, inneggia o altrimenti induce alla violenza, oltretutto se commesso da un calciatore esperto, capitano della squadra, dal quale ci si aspetterebbe un comportamento diverso proprio per il ruolo rivestito.
La Polizia di Stato da anni è particolarmente sensibile alla tematica e alla lotta contro ogni forma di razzismo in ambito sportivo. Peraltro, il Consiglio d’Europa, per mezzo della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, ha diramato agli stati membri una raccomandazione in cui invita ad organizzare campagne di sensibilizzazione ad ogni livello, con la partecipazione di tutti gli attori interessati (calciatori e tifosi) e che “è importante riconoscere che gli atti razzistici sono anche commessi da sportivi, allenatori e altro personale sportivo, come pure da tifosi ordinari”.
A fronte del comportamento tenuto dal calciatore censurabile sotto ogni punto di vista, occorre considerare che il suo ravvedimento costituisce un indubbio segnale positivo. Pertanto, nel caso di specie, lo sport può ancora offrire ampi margini di riscatto per l’autore delle condotte censurate e, di conseguenza, è apparso congruo contenere il provvedimento di inibizione nella misura minima.