Nei giorni scorsi la Polizia di Stato è intervenuta per salvare un uomo di circa cinquant’anni che, a causa di problemi personali, stava tentando il suicidio. Per impedire il tragico evento è stata messa in moto una perfetta macchina organizzativa, coordinando scelte e interventi che in questi casi segnano il confine tra la vita e la morte.
I FATTI
La cabina di regia dell’intervento è stata il COT del locale Commissariato di P.S. di Leonforte: è lì che, poche sere fa, si era presentata una ragazza di circa 20 anni, in evidente stato confusionale, preoccupata perché il padre - dopo essere uscito di casa nel pomeriggio e averle mandato un sms d’addio dove le chiedeva scusa per il fatto di non poter essere presente alla sua laurea - aveva fatto perdere le sue tracce. La ragazza raccontava, inoltre, che l’uomo da diverso tempo manifestava segni di depressione a causa del cattivo rapporto con la moglie e che, pertanto, temeva che volesse suicidarsi.
Allertati immediatamente dalla sala operativa, gli agenti della squadra volanti del Commissariato di P.S. di Leonforte, impegnati nell’ordinaria attività di controllo del territorio, si mettevano alla ricerca dell’uomo, battendo una contrada di campagna indicata dalla ragazza come un luogo solitamente frequentato dal padre, in quanto in quelle zone, a dire della donna, l’uomo aveva in uso un terreno agricolo.
Tale ricerca si dimostrava subito particolarmente difficoltosa, in quanto le informazioni fornite dalla ragazza erano frammentarie e imprecise; inoltre la contrada indicata si trova in aperta campagna, in un territorio vasto e frammentato, con varie diramazioni e stradine secondarie che si intersecano tra loro e con strade dissestate e difficilmente percorribili, soprattutto al buio. Altra difficoltà era data dal fatto che in quelle zone il segnale della rete cellulare è assente, per cui risultava impossibile tentare di ritracciare l’uomo tramite questo sistema.
Contestualmente alle ricerche operate senza sosta dall’equipaggio di volante, l’operatore COT si adoperava - tramite le banche dati in uso alle forze di polizia e le mappe della zona - per cercare di individuare esattamente il luogo in cui si trovasse il terreno in uso all’uomo, mantenendo costantemente il contatto radio con gli agenti impegnati su strada e fornendo loro tutte le indicazioni del caso.
Dopo circa un’ora di ricerche, grazie alla conoscenza del territorio da parte degli operanti e alla sinergica azione di ricerca messa in campo, l’equipaggio di volante scorgeva delle luci di un auto in sosta all’ingresso di un viale di campagna; in fondo al viale gli operanti trovavano l’uomo, al buio, in piedi sopra una panca in legno appoggiata ad un albero, al quale aveva già legato una corda penzolante con un nodo all’estremità, evidentemente pronto a compiere l’estremo gesto.
Alla vista degli agenti l’uomo, già in evidente stato di alterazione psicofisica, si agitava ulteriormente, minacciando gli operanti che qualora avessero fatto un passo verso di lui, l’avrebbe fatta finita.
Con pazienza e professionalità i poliziotti instauravano un dialogo a distanza cercando di capire quali fossero i motivi del suo malessere, apprendendo, così, che i suoi problemi derivavano dal controverso rapporto con la moglie. Solo dopo una lunga trattativa, condotta con pazienza e professionalità, gli agenti riuscivano a tranquillizzare l’uomo e a convincerlo a farsi accompagnare al pronto soccorso dove veniva ricoverato ancora in stato confusionale.