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FESTA POLIZIA 2019 - DISCORSO SIGNOR QUESTORE DI CATANIA

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Festa della Polizia 2019 - Il Questore di Catania Alberto Francini e il Vice Direttore della Pubblica Sicurezza – Direttore Centrale della Polizia Criminale Vittorio Rizzi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

167° ANNIVERSARIO

DELLA POLIZIA DI STATO

 

 

DISCORSO DEL QUESTORE

ALBERTO FRANCINI

 

 

 

 

10/04/2019

 

 

Buongiorno a tutti voi e grazie per la vostra presenza a nome di tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato.

Saluto il Prefetto Vittorio Rizzi, Vicecapo della Polizia. Le donne e gli uomini della Polizia di Stato di Catania e io stesso ci sentiamo lusingati per questa scelta sua e del Dipartimento della p.s. di essere qui oggi, grazie di cuore.

Ringrazio il Prefetto di Catania Claudio Sammartino.

Ringrazio, altresì, per la sua presenza, la Senatrice Tiziana Drago

Sig. Sindaco, nel ringraziarla per la sua presenza, desidero rappresentarle come la Festa della Polizia non sia una festa autoreferenziale o, ancor peggio, corporativa. La Polizia di Stato è un’istituzione aperta alla cittadinanza e che vive con essa nel tessuto sociale in cui opera e al cui servizio concorre insieme ad altri soggetti. Tramite lei quindi desidero far giungere, a nome di tutti i miei collaboratori, un saluto affettuoso a tutti i cittadini di Catania e della sua provincia.

Grazie ancora per la loro presenza all’arcivescovo di Catania Mons. Gristina e al vescovo di Caltagirone Mons. Peri, ai vertici della magistratura e gli altri rappresentanti istituzionali.

Un saluto riconoscente ai familiari dei nostri colleghi deceduti in servizio.

Un saluto speciale e un abbraccio fraterno ai colleghi dell’ANPS che sono sempre in mezzo a noi con iniziative preziose anche in termini di volontariato e di protezione civile.

Un saluto cordiale ai rappresentanti delle altre Forze di Polizia, nazionali e locali. In particolare al generale della Finanza Antonio Quintavalle Cecere e al colonnello dei Carabinieri Raffaele Covetti con i quali ho una forte intesa e colleganza, grazie anche all’opera di coordinamento del nostro Prefetto.

Un ringraziamento al Sovrintendente Roberto Grossi che ci ha concesso questo meraviglioso tempio della lirica.

Un saluto affettuoso e un arrivederci ai colleghi che nel corso di quest’anno hanno raggiunto la meritata pensione, ma che fanno comunque sempre parte della grande famiglia della Polizia di Stato.

Un abbraccio affettuoso alle donne e agli uomini della Polizia di Stato di questa provincia e alle loro famiglie. Oggi è la nostra festa.

Festeggiamo quest’anno il 167° anniversario della Polizia di Stato.

Gradirei dividere questo mio intervento in due parti. Una prima dedicata ad un brevissimo excursus storico della polizia italiana e una seconda parte dedicata ad alcune considerazioni sullo stato della sicurezza e sull’azione della Questura in questa provincia nell’ultimo anno.

 

1° PARTE

L’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, cioè la direzione strategica e operativa della sicurezza del nostro paese, un sistema fondato sul Ministro dell’Interno e sulle Autorità di P.S., il Prefetto e poi, col passare del tempo, anche il Questore, nasce nel 1848 e da allora, ininterrottamente fino ad oggi, ha mantenuto la responsabilità della sicurezza e dell’ordine pubblico in Italia, anche durante i periodi bellici della Prima e della Seconda Guerra Mondiale.

Qualche anno più tardi, nel 1852, si pensa di costituire un corpo di polizia, da affiancare al Corpo dei Carabinieri reali, ma che dipendesse esclusivamente dalle Autorità di P.S. Nasce il Corpo delle Guardie di P.S. di cui oggi, appunto, festeggiamo il 167° anniversario essendo quel Corpo il lontano progenitore dell’attuale Polizia di Stato.

Le date non sono casuali.

Il 1848, infatti, è l’anno che segna una fortissima discontinuità politico istituzionale col passato. Un anno rivoluzionario in gran parte d’Europa, tanto che ancora oggi si usa come modo di dire: “faccio succedere un 48”.

Il nostro stato, o meglio quello stato che poi diventerà l’Italia, cioè il Regno di Piemonte, diventa finalmente, proprio nel 1848, uno stato liberale, una Monarchia Costituzionale, con una Costituzione, la prima Carta costituzionale italiana, lo Statuto Albertino, a tutela delle libertà e dei diritti fondamentali del cittadino.

Da quel momento ci siamo stati sempre, a presidio della legalità, dell’ordinata e civile convivenza e, particolarmente negli ultimi decenni, a presidio delle liberta’e dei diritti costituzionalmente garantiti. In qualsiasi momento della tumultuosa, caotica e in molti casi drammatica vita nazionale, noi ci siamo stati, nel bene e nel male.

Ci siamo stati in occasione dell’Unità d’Italia. Ci siamo stati a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento in particolare per gestire la piazza in un periodo di grande crisi dovuta alla trasformazione economico-sociale del nostro paese.

In quel periodo Crispi volle accentrare al Ministero dell’Interno la competenza delle varie polizia municipali creando il Corpo delle Guardie di Città, nel quale confluì  anche il Corpo delle Guardie di P.S.

Ci siamo stati all’indomani della Grande Guerra, allorquando il Corpo delle Guardie di Città cambiò denominazione in Regia Guardia di P.S.

Ci siamo stati allorquando il regime fascista dopo appena pochi anni di vita sciolse la Regia Guardia e ricreò su nuove basi il Corpo degli Agenti di P.S., dandogli uno status civile. Pur informato a criteri ideologici ispirati al fascismo, mai questo Corpo divenne una bieca polizia di regime come invece lo fu la Gestapo di Himmler. Anzi, il mitico e potentissimo Capo della Polizia durante il Ventennio, Arturo Bocchini, riuscì a mantenere un certo grado di autonomia dai gerarchi fascisti, rimanendo subordinato solo al capo del governo Mussolini, al quale pure esprimeva con schiettezza le sue opinioni.

Ci siamo stati quando quel regime ebbe la necessità di garantire la sicurezza negli sconfinati territori dell’Impero. Fu creata la PAI, acronimo di Polizia Africa Italiana. Un esempio di corpo di polizia modernissimo e di ispirazione anglosassone. Esperimento finito con la fine dell’Impero e del regime fascista e ricondotto, nell’immediato dopoguerra, nei ranghi del Corpo delle Guardie di P.S.

Ci siamo stati, negli anni 50, purtroppo con atteggiamento spiccatamente repressivo, a garantire nelle piazze la sopravvivenza di una fragile, neonata Repubblica particolarmente esposta alle tensioni della “Guerra Fredda”. Quella connotazione particolarmente repressiva, l' intervento dei famigerati celerini nelle situazioni difficili di o.p., non ha certamente giovato alla simpatia popolare, ma era imposta in quel periodo storico da superiori contingenti  interessi di conservazione nazionale e istituzionale ed il Corpo si è sacrificato agli stessi.

E poi negli anni 60/70 con atteggiamento molto meno repressivo a contenere gli effetti della contestazione del 68. Il sacrificio nelle piazze di tanti poliziotti e carabinieri che spesso erano bersaglio oggettivo della rabbia dei manifestanti verso un mondo abbondantemente superato e da abbattere, ci valse anche la comprensione e la simpatia di Pierpaolo Pasolini che disse apertamente di preferire quei servitori dello stato, quasi sempre figli di umili classi sociali, a tanti più agiati studenti molti dei quali manifestavano solo per moda.

Ci siamo stati nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, pagando, come è noto, un altissimo sacrificio anche in termini di vite umane.

Ci siamo stati e ci siamo ancora quando finalmente, con la storica riforma del 1981, che crea la Polizia di Stato nella quale confluiscono il Corpo delle Guardie di P.S., il vecchio ruolo dei Funzionari civili della P.S. e la Polizia Femminile nata nel 1959, la legittimazione dell’azione di polizia si ribalta dall’alto verso il basso, dallo Stato apparato allo Stato cittadino.  Da quasi 40 anni, dunque, siamo una polizia che ha un solo alto riferimento: la salvaguardia dei diritti fondamentali e delle libertà del cittadino, oltre che, ovviamente, la tutela della legalità.  Una polizia democratica nel suo DNA, che ogni giorno è realmente e ideologicamente al servizio della gente. Ed in questa radicale trasformazione un ruolo assolutamente fondamentale lo hanno sicuramente giocato i sindacati di polizia, che garantiscono costantemente, all’interno della Polizia di Stato, una gestione trasparente e aperta alle legittime istanze dei lavoratori di polizia.

La Polizia di Stato, dunque, vive in prima linea la vita della nostra nazione.

 

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2° PARTE

La seconda parte del mio intervento, indirizzata idealmente a tutti gli abitanti di questa provincia, soprattutto per il tramite dei loro rappresentanti istituzionali, in primo luogo i Sindaci, è dedicata allo stato della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Catania è una delle 14 città metropolitane del nostro Paese, la sua provincia è l’ottava per numero di abitanti.

            Se consideriamo che è una città del profondo sud, che è la seconda città di una Regione che notoriamente combatte contro la piaga delle infiltrazioni mafiose, che risente di tutte le distorsioni legate ad una questione meridionale mai risolta, mi sento di dire che Catania è una città relativamente sicura.

            So bene che nonostante queste mie affermazioni, basate sulla conoscenza dei problemi reali di sicurezza e sul numero e la qualità degli eventi criminosi (quest’anno gli omicidi sono stati 6 e nessuno legato a matrice mafiosa o a scopo di rapina o a violenza di genere, le rapine sono state 204 e solo 6 a banche o uffici postali, tanto per citare le fattispecie criminose più violente), tutto ciò nulla incide sul senso di insicurezza da parte della popolazione che anzi aumenta a Catania così come nelle grandi altre città italiane.

            Il senso di insicurezza è legato a tanti fattori interconnesi fra di loro, molti dei quali ben conosciuti, altri di difficilissima indagine. La Questura di Catania riconosce questo vulnus e si prodiga proattivamente sotto il coordinamento strategico del Prefetto, con il Comune innanzitutto, ma anche con le scuole, con le associazioni di categoria, con il volontariato, con le associazioni dei residenti, con i gruppi di vicinato, per cercare di alleviare o quanto meno di governare questo senso di insicurezza.

Ovviamente sulla sicurezza reale, la Polizia di stato, così come le altre forze dell’ordine svolge un’opera di contrasto assolutamente efficace e tempestiva. Credo che non ci siano a Catania fatti criminosi di un certo allarme sociale, che non abbiano trovato in tempi rapidi una risposta repressiva.

Come pure continua e tenace è l’azione di contrasto alle organizzazioni mafiose che sebbene duramente colpite nei loro vertici, continuano ad operare, magari sotto traccia, a Catania così come in altre parti del Paese. Lo stereotipo del mafioso anche solo anni 80 è superato. Siamo alle seconde  e terze generazioni rispetto a quel periodo storico. Oggi la mafia oltre al tradizionale business della droga e in parte delle estorsioni è fortemente interessata al riciclaggio degli immensi proventi illeciti nell’economia reale e legale. Da qui un’opera di contrasto che deve essere sempre più specialistica per poter aggredire i patrimoni illecitamente costituiti

So anche che tutto questo non basta e che occorre incidere di più su alcuni fenomeni criminali, penso ad esempio al fenomeno dello spaccio di stupefacenti che nonostante la nostra pressione repressiva sul traffico di queste sostanze con grandi operazioni quasi settimanali che scompaginano i livelli intermedi di approvvigionamento e di commercio internazionale, lasciano sulla strada un ricambio pressoché inesauribile di spacciatori. Noi operiamo con gli strumenti giuridici che l’ordinamento mi dota. Credo però che sia opportuna anche una riflessione del legislatore sul tema.

 Come pure occorre fare di più sul versante del disordine urbano, dell’illegalità diffusa, della difficoltà dei controlli sugli aspetti patologici della cosiddetta movida. Ma qui occorre realmente il contributo convinto e fattivo di tanti altri soggetti. E infatti anche qui, con il coordinamento del Prefetto stiamo facendo qualche passo avanti, ma bisogna farne tanti altri incominciando da un minimo, decoroso impianto di videosorveglianza della città. Io porto sempre come esempio il milione di telecamere di cui è dotata Londra, una città di 14 milioni di abitanti. Facendo una facile proporzione a Catania ce ne dovrebbero essere 34.000 circa, ma poiché mi rendo conto che Catania non è Londra, me ne basterebbero 1.000.

L’analisi completa sullo stato della sicurezza della provincia di Catania sarebbe troppo lunga e io ho promesso di essere breve anche per lasciare spazio all’intervento del vicecapo.

Concludo solo con un’esortazione, nessuno si illuda che contro le infiltrazioni mafiose e in generale contro le illegalità basti un' azione di contrasto dell' apparato preventivo e repressivo dello Stato che esiste, che è forte e che sarà sempre obiettivo primario delle forze dell’ordine della magistratura.

La lotta alla criminalità comune e organizzata passa da una vigilanza costante sul fenomeno da parte di tutte le altre istituzioni e soprattutto della società civile.

Non delegate mai totalmente ad altri la vostra e l’altrui sicurezza. Pretendete massima attenzione e rigore dalle Istituzioni preposte, ma ogni cittadino faccia la sua parte attiva e proattiva in termini di legalità.

Occorre ribaltare la vecchia spocchiosa esclamazione di Luigi XIV ai suoi nobili riottosi “ L Etat c’est moi” con una affermazione più moderna e reale “ l’Etat c’est nous”.

 La Polizia di Stato ci sarà sempre e insieme a tutti voi faremo anche di Catania una città e una provincia sempre più sicure.

            Viva la Polizia, Viva l’Italia

 

 


11/04/2019
(modificato il 18/04/2019)

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