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Operazione Fenice, sei fermi della Mobile

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Effettuati nella notte del 23 gennaio 2014

In data 23.01.2014, la Polizia di Stato ha portato a termine un'importante operazione di polizia giudiziaria che coinvolgeva più associati mafiosi che imperversavano sul territorio di Niscemi. Personale della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Caltanissetta, in collaborazione con il Commissariato P.S. di Niscemi, il Commissariato P.S. di Gela e con la Squadra Mobile di Cremona, ha eseguito 6 decreti di fermo di indiziato di delitto, emessi in data 21.01.2014 dalla Procura della Repubblica - DDA - c/o il Tribunale di Caltanissetta a carico di: Barberi Alessandro, nato a Gela il 06.03.1952, Musto Alberto, nato a Vittoria (RG) il 18.07.1986, Albanelli Luciano, nato a Niscemi il 15.11.1978, Rizzo Fabrizio, nato a Niscemi il 20/05/1973 Blanco Salvatore, nato a Niscemi il 28/02/1965, residente a Crema. Ficicchia Alessandro, nato a Niscemi (cl) il 09.03.1977. Tutti i fermati erano liberi; dovranno rispondere, in concorso, dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, danneggiamento aggravato, porto illegale in luogo pubblico e detenzione illegale di armi, porto illegale in luogo pubblico di ordigno esplosivo. E' un durissimo colpo inferto alla criminalità organizzata niscemese da parte della locale D.D.A., dopo appena 4 mesi dal passaggio di competenze a questo distretto di Corte D'appello, che ha coordinato egregiamente l'attività degli investigatori. La Squadra Mobile di Caltanissetta, in collaborazione con il Commissariato di P.S. di Niscemi, ha condotto una intensa attività di indagine finalizzata al monitoraggio ed al contrasto della criminalità organizzata gelese e niscemese, appartenente sia a "cosa nostra" che alla "stidda", allo scopo di contrastare la riorganizzazione del sodalizio di cosa nostra e disarticolarne i clan, considerati gli atavici stretti rapporti tra la consorteria mafiosa gelese e quella niscemese. Certosine indagini permettevano di ridisegnare l'attuale assetto della consorteria mafiosa di cosa nostra che veniva ricostruitadopo l'arresto in data 15.02.2013 dell'ultimo dei suoi capi storici niscemese Giugno Giancarlo, perché colpito da provvedimento restrittivo nell'ambito dell'operazione di polizia denominata "Rewind". Premesso che cosa nostra di Niscemi da sempre ha vantato antichi e stretti rapporti con l'omonima consorteria mafiosa gelese, è stato accertato che i rapporti hanno continuato ad essere mantenuti costantemente anche di recente; come risulta infatti da correnti indagini esisteva uno stretto connubio tra il noto boss di Niscemi, Giugno Giancarlo, fino a prima del suo arresto, e l'attuale reggente di cosa nostra gelese Barberi Alessandro, scarcerato in data 24.06.2011, la cui amicizia è risalente nel tempo. Durissimo il colpo inferto a cosa nostra per essere stata scompaginata la famiglia militare di Niscemi e perché viene decapitato il vertice mafioso della provincia di Caltanissetta, oggi costituito da Barberi Alessandro, storcio uomo d'onore della famiglia di gela, consuocero di piddu Madonia, di cui è una sorta di braccio destro. Da ultimo, alla luce delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, era il BARBERI il reggente provinciale di cosa nostra. Dopo l'arresto del boss niscemese, la riorganizzazione del gruppo criminale locale era contrassegnata da una sorta di continuità col passato, sotto l'egida del capo mandamento, Barberi Alessandro, da cui dipende anche la famiglia di Niscemi. E' Musto Alberto il giovane rampante niscemese, studente universitario, che ha raccolto il testimone del GIUGNO Giancarlo, che lo aveva inserito nel "vivaio" delle nuove leve criminali del paese già da tempo. Riconosciuto quale nuovo reggente della famiglia di Niscemi, il Musto Alberto ha intrecciato, nel tempo, anzitutto stretti rapporti con il pastore niscemese Rizzo Fabrizio, persona di fiducia del boss gelese Barberi Alessandro, noto a questi uffici per avere ospitato presso il proprio ovile, sito in c.da Ursitto, riunioni che vedevano protagonisti i reggenti delle famiglie di Niscemi e Gela, Giugno Giancarlo e Barberi Alessandro. Il Musto reclutava anche altri adepti nella consorteria tra volti già noti Ficicchia Alessandro, storico appartenente a cosa nostra niscemese, e altri meno conosciuti che, però, già GIUGNO Giancarlo aveva "avvicinato, come il marmista niscemese Albanelli Luciano. Anche altro storico appartenente alla cosca mafiosa, Blanco Salvatore alias "Turi paletta", storicamente legato alla famiglia di Arcerito Giuseppe, sebbene trasferitosi al nord Italia, ha continuato a far parte attiva della "famiglia" guidata dal Musto Alberto, e non disdegnava di tornare a Niscemi periodicamente per porre in atto richieste estorsive a carico di esercenti commerciali locali. Tutta l'attività dei soggetti fermati appartenenti alla cosca malavitosa locale è stata catalizzata sulle estorsioni, estorsioni a tappeto ai danni di numerosi commercianti locali necessarie per foraggiare l'associazione stessa e le famiglie dei detenuti. E proprio per costringere i commercianti a pagare, si è registrato una preoccupante escalation di atti intimidatori, anche attraverso l'uso di armi ed ordigni esplosivi, per convincere le vittime a pagare, onde evitare gravi conseguenze. E' stato proprio un grave danneggiamento, consistito nell'incendio dell'autovettura, ai danni di un commerciante niscemese che aveva tentato di resistere, non pagando il "pizzo" richiesto, a determinare la vittima a rendere dichiarazioni agli organi inquirenti, abbattendo quel muro di omertà, che purtroppo permette alle bande criminali di "nutrirsi" alle spalle dei poveri commercianti e/o imprenditori. La costante presenza sul territorio da parte delle Forze dell'Ordine e la loro fervente attività investigativa, onde restituire la dignità che ogni paese civile merita di avere, permettevano di avere un quadro già chiaro degli autori di tali atti intimidatori, cui le dichiarazioni dei due imprenditori davano un assist importante al fine di assicurare alla giustizia i colpevoli dell'attività criminosa. Nel corso delle indagini venivano acquisite incontrovertibili fonti di prova in ordine al ruolo ed alla responsabilità di tutti gli odierni indagati, associati mafiosi che erano soliti porre in essere quelli che sono i reati fine tipici dell'associazione mafiosa, nonché il ruolo apicale che riveste il Barberi Alessandro quale capo - mandamento di Gela comprendente, tra gli altri, il comune di Niscemi, il quale, nei giorni recenti, cercava chi fosse stato a Niscemi a "spendere" il suo nome, temendo per un suo arresto in ordine anche all'estorsione denunciata dai due coraggiosi imprenditori niscemesi. Fibrillazione del capo mandamento che si riversava sul reggente niscemese che, temendo di perdere credibilità ai suoi occhi, si mostrava contrito con il Rizzo Fabrizio che gli aveva portato l'ambasciata del capo, esprimendo anche l'intenzione - quasi per riaccreditarsi - di porre in essere atti lesivi dell'incolumita' dei due imprenditori, ritenuti responsabili, ai loro occhi, di aver rotto il vincolo di omertà che sino ad oggi persisteva in quel territorio e che consentiva loro di agire indisturbati e noncuranti della presenza delle forze dell'ordine sul territorio. Da ciò la necessità della Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta ad emettere decreto di fermo a carico degli odierni fermati, considerato peraltro che - come emerso dalle indagini - avevano disponibilità di armi, che potevano continuare a reiterare i reati-fine propri dell'associazione criminale, e che potessero darsi alla fuga, consci della denuncia a loro carico. Tutti gli autori dei crimini dovranno rispondere delle aggravanti di aver agito con premeditazione e di aver agito in più di cinque persone, nonché dell'aggravante relativa alla circostanza che l'associazione risulta armata, mentre Barberi Alessandro, Musto Alberto e Rizzo Fabrizio anchedell'aggravante di per aver promosso, diretto ed organizzato l'associazione mafiosa denominata "cosa nostra" operante in Niscemi. Al Barberi Alessandro ed al Ficicchia Alessandro veniva contestata anche l'aggravante di aver commesso il delitto nel periodo in cui erano sottoposti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Inoltre tutti gli arrestati risponderanno inoltre dei reati di estorsione e danneggiamento aggravati dall'art. 7 l. 203/1991, avendo commesso il fatto al fine di agevolare la realizzazione degli scopi dell'associazione mafiosa "cosa nostra". L'indagine odierna, denominata "Fenice" (proprio per la caratteristica peculiare dell'associazione mafiosa che sempre si rigenera dalle sue stesse ceneri) consente di dare un altro brutto colpo al sodalizio mafioso operante sul territorio di Niscemi, grazie al minuzioso lavoro investigativo posto in essere dal personale della Polizia di Stato, consentendo di accertare inconfutabilmente i singoli ruoli rivestiti dagli odierni fermati e ridare così una grande iniezione di fiducia agli operatori commerciali operanti sul territorio, vittime di un sistema estorsivo dal quale è difficile sottrarsi. Gli odierni fermati sono stati associati presso la casa circondariale di Caltanissetta a disposizione dell'Autorità Giudiziaria competente.
24/01/2014

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