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Rapina alla gioielleria dell'Ipercoop: scatta il blitz.

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Arrestati quattro giovani brindisini.

Blitz congiunto dei poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Brindisi e dei Carabinieri del Comando Provinciale del capoluogo nei confronti dei presunti responsabili della violenta rapina ai danni della gioielleria “Follie d’oro”, situata nella galleria del centro commerciale Ipercoop, avvenuta la mattinata del 4 dicembre 2014, sotto gli sguardi di decine di clienti.

I rapinatori indossavano dei passamontagna ed erano armati di fucile a canne mozze e mazzuole da cantiere, con le quali erano state infrante le vetrine della gioielleria. I numerosi clienti, letteralmente terrorizzati, per scappare si accalcavano alle uscite tanto da creare pericoli per la stessa incolumità di tutti i presenti. Il bottino fu superiore ai 300mila euro  

L'ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita nei confronti di C. F., 23 anni (arrestato il 20 ottobre scorso per la sparatoria in viale Commenda avvenuta il 25 luglio), A. S. 29 anni (arrestato di recente per scontare una pena definitiva), A. D.L.. 29 anni  e F. C. 23anni. Sono tutti nati e residenti a Brindisi.

 Le accuse contestate sono a vario titolo di rapina pluriaggravata, detenzione e porto illegale di un fucile e ricettazione dell’Alfa Romeo Giulietta utilizzata per raggiungere l’obiettivo. Le indagini partirono nell’immediatezza dei fatti. 

Gli agenti della Squadra mobile si recarono sul posto per i rilievi del caso e in sinergia con gli esperti della Scientifica raccolsero una serie di tracce sia sul luogo del delitto che a bordo della Giulietta, che venne rinvenuta nel pomeriggio nelle campagne fra Brindisi e Mesagne. A bordo della macchina in particolare vennero trovati due passamontagna, un paio di guanti da lavoro e un contenitore di gioielli.

Sui guanti, sul passamontagna e sui contenitori erano presenti delle tracce ematiche dalle quali si è potuto risalire ai profili genetici di due persone, di cui non si conosceva l’identità. Il cerchio ha cominciato a stringersi quando le indagini sull’assalto alla gioielleria si sono incrociate con quelle sull’omicidio di Cosimo Tedesco, dipendente della Monteco che l’1 novembre 2014 venne ucciso in una palazzina di piazza Raffaello, al rione Sant’Elia, nel drammatico epilogo di una lite fra famiglie rivali che la sera precedente infiammò la festa di Halloween.

Uno dei sospettati dell’omicidio, all’epoca dei fatti latitante, era il brindisino A. R., figura di spicco della malavita brindisina. I carabinieri del Nucleo investigativo di Brindisi non sapevano dove si trovava A.R., però riuscirono a intercettare le sue conversazioni grazie a un microfono piazzato nell’auto di un proprietà di un terzo individuo.

Ebbene dai dialoghi captati dall’Arma emerse che un giorno A.R. fece convocare quattro persone che avevano  “osato” rapinare la gioielleria dell’Ipercoop senza prima chiedergli il consenso. Si trattava appunto dei soggetti arrestati in data odierna, definiti da A.R. “i quattro della rapina all’Auchan (confondendo l’Auchan con l’Ipercoop)".

Gli investigatori allora decisero di prelevare il Dna di questi soggetti. Per  F.C.  fu necessario un provvedimento della magistratura di prelievo coattivo di materiale organico, visto che il giovane non diede il consenso a sottoporsi al test. Il motivo di tale diniego presto divenne evidente. Il profilo genetico ricavato dalle tracce di sangue presenti sul passamontagna combaciava con quello di F.C.. Le tracce ematiche trovate sui guanti, invece, appartenevano sia allo stesso F.C.  che a C.F.. Le indagini dunque hanno fatto emergere l’importanza del ruolo rivestito da Andrea Romano, definito un boss nel corso della conferenza stampa svoltasi stamani in Procura, in presenza del procuratore capo Marco Di Napoli, del comandante provinciale dei carabinieri, Nicola Confonrti, e del questore Roberto Gentile.

A.R. si arrabbiò con gli autori della rapina in gioielleria perché a seguito di quell’episodio aumentò notevolmente la presenza di forze dell’ordine sul territorio e tutto ciò intralciava la sua latitanza. I quattro si giustificarono dicendo che il titolare della gioielleria non era uno di quei commercianti che pagava la tangente al gruppo. Ad ogni modo, per sdebitarsi, gli indagati decisero di “fare un pensierino” a Romano, dandogli una parte del bottino della rapina.


12/05/2016

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