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Ricatti dietro ai massaggi a luci rosse che piacevano a tanti professionisti

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Oggi sequestrati 80mila euro e libri contabili.

L'inchiesta della Mobile è partita da un volantino del centro Peonia Rossa di via Grazia Balsamo. In carcere un professore di Algebra dell'Unisalento, la compagna e altre sei persone, due ai domiciliari e cinque a piede libero.

Lui, il prof cinese dell'Unisalento, associato di II fascia per la cattedra di Algebra, lontano dalla Facoltà pensava ad altro: a ragazze arrivate dalla Cina che sembravano bamboline con gli occhi a mandorla, viso minuto incorniciato da capelli neri e lisci, che potevano "funzionare" come massaggiatrici erotiche nel centro Peonia Rossia a Brindisi, in via Grazia Balsamo, diventato a luci rosse negli ultimi due anni e frequentato soprattutto nelle ore serali anche da professionisti, così come nel Leccese e anche nel Tarantino. Perché il sesso è business che ha una sua contabilità, peraltro in "chiaro" con tanto di libri su cui annotare entrate e uscite, trovati e sequestrati.

Si fanno soldi, tanti, anche sino a 200mila euro al mese, da spedire nel Paese lontano e da tenere a portata di mano, nascosti in valigie, dove questa mattina sono stati scoperti 80mila per lo più in banconote da 20 e 50 euro. Pari alle tariffe imposte nei periodi di lavoro ordinario, salvo gli sconti promozionali da pubblicizzare con il passa parola tra clienti fidelizzati, contattati on line oppure incuriositi da annunci sexy affidati alla sezione annunci dei quotidiani salentini.

Il professore di 57 anni, nato nella Repubblica popolare cinese, residente a Lecce da diversi anni e perfettamente integrato è stato arrestato all'alba e condotto in carcere con l'accusa di essere il "capo e il promotore di un'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento, all'induzione e allo sfruttamento della prostituzione di ragazze di nazionalità cinese" da settembre 2013 sino ad oggi. Quando è scattato il blitz degli agenti della Mobile di Brindisi, che ha portato agli arresti altre nove persone ritenute appartenenti al sodalizio.

In carcere sono finiti anche: una donna della Repubblica Popolare Cinese di 52 anni, residente a Lecce, compagna del professore; altri due cittadini della stessa Repubblica di 44 anni, marito e moglie, entrambi residenti a Brindisi e titolari del centro Peonia Rossa; un 66enne, di Martano (Lecce); un cinese di 47 anni, residente a Lecce; una cinese di 42 anni, residente a Lecce; una cinese di 52 anni, residente a Taranto. Arresti domiciliari per un cinese di 52 anni, residente a Lecce e un uomo di 55 anni, di Taranto.

Nell'inchiesta sono rimasti indagati a piede libero in cinque, a fronte della richiesta di custodia domiciliare una donna di 43 anni, nata Brindisi e residente a Surbo, responsabile tecnico del centro Ninfea Orientale di Lecce, in possesso dell'attestato di estetista; un 31enne, di Taranto; un 34enne di Mesagne; una donna di 24 anni, nata a Lecce residente a Torre Santa Susanna, responsabile tecnico del centro di Brindisi in possesso del diploma di estetista; un uomo di 58 anni, nato a Melpignano e residente a Brindisi, titolare dell'immobile di via Grazia Balsamo e dell'abitazione di via don Gnocchi in cui abitavano i gestori.

Più di qualcuno tra i brindisini sapeva del via vai e di cosa succedeva dietro il cartello luminoso del centro che si trova dirimpetto alla sede della ripartizione Servizi sociali, fino a qualche tempo fa scuola media perché dalla porta a vetri spuntavano gentili signorine in camice bianco che distribuivano volantini agli uomini. Gli inviti erano solo per massaggi alla schiena, alle braccia, alle gambe, al petto e ai piedi. Nulla di più era scritto nei fogliettini. Così come sugli annunci affidati alle bacheche on line e alla sezione annunci dei quotidiani salentini.

Uno di questi inviti è stato intercettato ai poliziotti della Seconda sezione della Mobile, alla fine dell'estate 2013: a settembre le prime osservazioni, a distanza, che hanno portato a fermare alcuni clienti poi ascoltati. Quei racconti hanno fatto venire a galla un altro mondo con storie da un lato a forti sfumature sessuali e dall'altro testimonianze di sfruttamento che hanno portato alla contestazione dell'aggravante per aver "limitato i movimenti delle ragazze" a cui sarebbe stato imposto di mangiare all'interno delle strutture, così come di non avere contatti con l'esterno e soprattutto di non parlare con nessuno, meno che mai al telefono.

Perché il timore del professore era di essere scoperti e finire nei guai.

Dopo le prime informative di reato consegnate in Procura, è stato disposto l'ascolto e sono finite sotto intercettazione le utenze pubblicizzate e quelle poi scoperte strada facendo in uso al docente. Sono state nascoste anche delle telecamere piccolissime che hanno permesso di riprendere ogni cosa, tutto quel che doveva restare coperto da segreto, praticamente filmini in cui si vede in maniera ritenuta inequivocabile dallo stesso gip che quei massaggi nell'arco di una manciata di minuti diventavano altro.

Le giovani proponevano, gli uomini accettavano e pagavano in contanti rivolgendosi alla titolare del centro che garantiva la massima discrezione per proteggere la privacy, tanto è vero che quando arrivavano professionisti, come avvocati, commercialisti o docenti, il cliente veniva fatto subito accomodare in una stanzetta prima di passare alle camere con doccia e vasca da bagno. Sono stati ripresi anche qui.

Le riprese e le fotografie costituiscono al momento "gravi indizi di colpevolezza" sulla base dei quali il gip ha tratteggiato una "personalità negativa degli indagati" sottolineando che solo l'arresto avrebbe potuto evitare la reiterazione del reato, mettendo fine a turpi attività illecite". Le indagini hanno portato a documentare la prostituzione prima di tutto a Brindisi, dove la preoccupazione era mantenere rapporti di buon vicinato con i residenti, dal momento che in più di qualche occasione c'erano state lamentele per la musica a tutto volume, i rumori molesti e gli asciugamani stesi nel cortile interno.

Riprese sono state fatte anche nei centri di Lecce Ninfea Orientale, in via Pozzuolo, in via XXIV Maggio e in via Bruni, nonché in un'abitazione di via vecchia Frigole e a Gallipoli, in via Alfieri, ritenuti luoghi in cui "i componenti dell'organizzazione gestivano l'attività di sfruttamento della prostituzione"

Era stata organizzata una vera e propria holding guardando al volume d'affari desumibile dai documenti acquisiti nel corso delle indagini, alcuni trovati persino nei bidoni della spazzatura nei pressi dell'appartamento di Lecce. Si poteva arrivare anche a 200mila euro al mese tenuto conto del numero di clienti e delle tariffe praticate: Trenta euro per massaggi normali e 50 per le prestazioni sessuali, in gergo chiamate caramelle.

Tanto si pagava per un rapporto completo e protetto, il preservativo era offerto dalle ragazze. Tutto messo per iscritto, come le ricevute che sono state trovate presso l'abitazione del professore e prima ancora quelle riesumate nel cassonetto della spazzatura e racchiuse in una busta di un supermercato dove erano scritti i nomi delle ragazze con i relativi incassi.

Parte degli incassi sarebbero stati reinvestiti nell'attività per acquistare le materie prime, per sistemare le camere e persino per insonorizzare i materassi: gli agenti ne hanno scoperti alcuni "rivestiti di spugne come intercapedini antirumore".

Il denaro veniva trasferito in Cina "attraverso l'uso di passaporti esibiti in fotocopia" a cui la coppia di cinesi, gestori del centro Peonia Rossa, faceva affidamento mensilmente avendo "contatti con alcuni dipendenti degli esercizi Money Gram e Sigue", per i quali "non vi è prova tuttavia della consapevolezza della provenienza illecita delle somme. Bastavano 20-25 euro per affittare un passaporto e procedere all'operazione.

Ma per far business e restare sul mercato, bisognava non solo essere aggiornati e offrire novità al mercato, motivo per il quale le ragazze cambiavano con frequenza, fermo restando i requisiti di base: occhi a mandorla, capelli lunghi e fisico asciutto, da vestire in maniera garbata su gusto dei presunti componenti dell'organizzazione. Guai a scegliere abiti corti. Occorreva tenere sotto controllo i "rivali", ecco perché ci sarebbe stata anche una "spia" pronta a essere inviata in altri centri, per esempio a Bari, per riferire come andavano le cose.

Il docente era costretto a fare i conti con le lamentele di alcune ragazze, una delle quali si era confidata con i poliziotti: l'aveva scoperto e le giovani lo sapevano, tanto che al telefono ripetevano che era meglio lasciare stare. "Altrimenti trattengono i soldi". Impossibile chiedere la tredicesima: "In Cina non esiste". Peggio ancora, poteva capitare di essere destinatarie di messaggi minatorie non solo per sé, ma per i familiari rimasti in Cina. Che nulla potevano sapere perché quelle ragazze erano partite sognando un lavoro e forse anche un marito.


17/09/2015

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