Da una telecamera all'altra sulle tracce dell'incendiario.
Nella mattinata di ieri 2 dicembre u.s. è stato tratto in arresto dalla Digos della Questura di Brindisi un 39enne brindisino per i reati di atti persecutori aggravati nonché danneggiamento aggravato a seguito di incendio nei confronti del Sindaco di Brindisi, Mimmo Consales.
L'arrestato con condotte reiterate poste in essere in luoghi e tempi distinti e sfociate poi nell'attentato incendiario dell'auto in uso al Sindaco, dopo aver in più occasioni richiesto al primo cittadino di intervenire, in ragione del proprio ruolo pubblico e delle funzioni svolte, presso la Multiservizi s.r.l. ovvero presso il Comune per garantirgli un posto di lavoro e dopo avergli consegnato, al medesimo scopo, alcuni documenti originali (relativi alla propria situazione familiare e utili all'assunzione), oramai convinto del mancato interessamento del Sindaco e dello smarrimento di tale documentazione, iniziava a molestarlo, effettuando continue telefonate sull'utenza cellulare del primo cittadino, appostandosi fuori del palazzo del Comune e seguendolo con la propria auto nei vari spostamenti sino alla sua abitazione privata. Inoltre in alcune occasioni minacciava di morte il Sindaco portando con se anche un bastone e giungendo, infine, ad incendiare l'auto a lui in uso. In tal modo ingenerava nel Sindaco un fondato timore per l'incolumità propria e dei propri familiari.
I poliziotti della Digos hanno acquisito le immagini di venti impianti di videosorveglianza per ricostruire, fotogramma dopo fotogramma, i movimenti del 39enne e quanto accaduto fra le ore 15 e le 23 dello scorso 3 novembre, giorno dell'attentato. L'arrestato raggiungeva intorno alle ore 15 palazzo Nervegna, parcheggiando la sua auto, una Daewoo Kalos di colore nero, sulle strisce pedonali poste all'inizio della strada. Indossava un cappellino da baseball, un giubbino, un paio di jeans e un paio di scarpe ginniche. Il suo volto era parzialmente coperto da uno scalda-collo. Il brindisino aveva pedinato Consales, che in quegli stessi frangenti stava parcheggiando la sua Ford Kuga di colore bianco di fronte a palazzo Nervegna. Il predetto lo raggiungeva e gli rivolgeva alcune parole con tono concitato. Poi lo seguiva nell'atrio di ingresso di palazzo Nervegna, dove un vigile urbano lo invitava a uscire. Dalle telecamere dell'edificio si vedeva un oggetto che spuntava dal giubbino del 39enne. Si trattava di un bastone di bambù che lo stesso, qualche istante dopo, riponeva nel bagagliaio della sua Kalos.
Dopo essersi tolo il cappellino e lo scalda collo, l'indagato lasciava via Duomo, per poi ritornarvi nel tardo pomeriggio. Quando il primo cittadino lasciava i suoi uffici per dirigersi verso Carovigno, dove era stato invitato a partecipare a un consiglio comunale monotematico sull'impianto di compostaggio, il 39enne lo seguiva per un tratto di strada. A questo punto, entrano in azione gli occhi elettronici installati al rione Bozzano. Intorno alle ore 20, l'uomo faceva un primo sopralluogo in viale Gran Bretagna, dove il sindaco risiede insieme alla sua convivente. Alle 23 l'azione entrava nel vivo. Lo stesso, sempre con volto coperto da scalda-collo e da un cappellino da baseball, lasciava la sua Kalos in un prolungamento di via Danimarca. Le telecamere di alcune attività commerciali e di un'abitazione privata di viale Gran Bretagna lo riprendono mentre si dirigeva verso la Kuga del sindaco, ferma in sosta di fronte al condominio in cui abita lo stesso.
Il 39enne si piegava con l'intenzione di gettare del liquido infiammabile sul veicolo. Poi tornava verso la sua auto in viale Danimarca, affrettando il passo. E sempre la stessa telecamera di viale Gran Bretagna, immortalava il momento in cui una fiammata avvolgeva il Suv del primo cittadino, investendo anche la Fiat 500 di un assicuratore e l'Opel Antara di un avvocato parcheggiate nelle vicinanze.
Nello sporgere la denuncia, il sindaco indicava il nome della persona che lo aveva minacciato nel pomeriggio sotto palazzo Nervegna e che da giorni lo perseguitava con telefonate e sms minatori. Ma le generalità fornite dal sindaco sono errate. Consales, infatti, dava il cognome del compagno della madre dello stalker, non essendo a conoscenza del suo reale cognome. Si trattava comunque di un elemento importante.
Già a partire dal giorno successivo, gli agenti acquisivano gli hard disk delle telecamere installate nei pressi di palazzo Nervegna e dell'abitazione del sindaco. Grazie alla telecamera del progetto Pon che punta su via Duomo (quella che riprende l'uomo mentre parcheggia l'auto sulle strisce zebrate) un agente riesciva ad individuare il modello dell'auto: una Daewoo Kalos appunto. Da successivi riscontri effettuati dalla Digos, emergeva che a Brindisi sono stati venduti a persone residenti in quella strada solo due modelli di Kalos. E uno di questi risultava intestato all'arrestato.
I poliziotti si mettevano in appostamento vicino casa del 39enne. Per uno strano scherzo del destino, in quella stesa via (nel centro storico di Brindisi) risiedeva un'altra persone in possesso di una Kalos. Questo inizialmente spiazzava i poliziotti. Ma in tarda serata, quando gli investigatori scorgevano l'uomo al volante di una seconda Kalos nera, capiscono che è lui l'uomo che stavano cercando. Di concerto con il pm che ha coordinato le indagini, i poliziotti effettuavano una perquisizione nell'abitazione del sospettato. Durante il controllo, venivano ritrovati uno scalda-collo, un cappellino da baseball e un giubbino identici a quelli indossati dall'incendiario.
Nell'appartamento veniva recuperato anche un bastone di legno che per forma e dimensioni sembrava essere proprio quello che lo stalker aveva nascosto sotto il giubbino. Nel giro di 5-6 giorni, grazie anche a una serie di riscontri incrociati sui tabulati telefonici dell'utenza utilizzata dall'uomo, i poliziotti chiudevano il cerchio. Il 10 novembre veniva denunciato a piede libero per danneggiamento a seguito di incendio e atti persecutori aggravati, con l'aggravante che questi erano rivolti a un pubblico ufficiale. L'indagato, condotto in questura, confessava tutto in presenza del suo avvocato difensore. Dopo un'ulteriore serie di riscontri investigativi, il gip ha ritenuto che sussistessero le esigenze per la custodia cautelare, firmando il provvedimento. Proprio alla luce dell'atteggiamento collaborativo mostrato dall'indagato, e del fatto che questi abbia agito in maniera del tutto autonoma, senza alcuna complicità, il giudice optava per l'arresto in regime di domiciliari.