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Polizia di Stato a Milano, un’importante alleata per la prevenzione dei femminicidi: la Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza.

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Negli ultimi anni, sull’onda delle riforme legislative tra cui – da ultima – la Legge sul “Codice Rosso”, le misure di prevenzione, una volta strumento di emarginazione sociale dei delinquenti, sono diventate un irrinunciabile baluardo per la prevenzione dei femminicidi e della violenza di genere, permettendo il recupero sociale dei violenti.

L’attività della Divisione Anticrimine della Questura di Milano testimonia l’assoluta efficacia in termini di prevenzione della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza, una misura disposta dalla Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale su proposta del Questore, nei confronti di persone semplicemente “indiziate” di atti persecutori o maltrattamenti in famiglia, anche incensurate, e prima ancora che per i fatti in questione sia intervenuta una condanna penale.

Fin dall’indomani della riforma legislativa del novembre 2017 che ha esteso l’ambito di applicabilità della sorveglianza speciale agli indiziati di atti persecutori, la Divisione Anticrimine ha analizzato i casi di violenza più gravi, a forte rischio di degenerazione criminale, come ad esempio ex compagni che non accettano la fine di una relazione sentimentale che hanno minacciato – a volte in forma gravissima – l’ex partner.

Dall’agosto del 2019, con l’entrata in vigore della Legge sul “Codice Rosso”, la sorveglianza speciale è stata estesa anche agli “indiziati” di maltrattamenti in famiglia, trovando applicazione in caso di gravi abusi domestici, come ad esempio figli violenti (spesso tossicodipendenti) verso i genitori, mariti che esercitano maltrattamenti fisici, psicologici, a volte anche “economici”, nei confronti delle mogli e spesso in presenza di minori, nonché altre situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità e l’armonia del nucleo familiare.

Dal dicembre 2017 al settembre 2020 il Questore di Milano ha proposto un totale di 41 soggetti espressivi di pericolosità sociale “qualificata”, autori di atti persecutori e di maltrattamenti in famiglia che al momento del deferimento all’Autorità Giudiziaria erano ancora attivi nelle loro condotte. Il lavoro di analisi svolto dalla Divisione Anticrimine è volto a selezionare, tra i tanti casi di atti persecutori o violenza domestica, quelli più pericolosi, cogliendo quei piccoli e grandi segnali che lasciano desumere un concreto rischio per l’incolumità delle vittime.

La casistica è molto varia: dalle minacce con il kubotan, a proiettili legati ad una mimosa lasciati sul parabrezza della ex-compagna il giorno della festa della donna, oppure minacce di aggressioni con l’acido, o di finire in televisione nelle note trasmissioni che trattano di cronaca nera e/o violenza di genere.

Assieme alla gravità dei singoli fatti, viene valutata la personalità complessiva del potenziale sorvegliato speciale, i suoi precedenti penali, la sua attitudine alla violenza e la familiarità con le armi, la tossicodipendenza e/o l’alcolismo, nonché l’inefficacia delle altre misure meno afflittive nel frattempo adottate dall’Autorità Giudiziaria o da quella di Pubblica sicurezza. Tutti questi elementi consegnano un quadro probabilistico che la situazione possa degenerare in fatti ancora più gravi, e grazie alla Sorveglianza Speciale, gli Organi di Polizia possono esercitare un più efficace controllo del soggetto, proprio al fine di spezzare il “ciclo della violenza”.

Tra questi, rientrano anche quei pochi soggetti che, nonostante l’ammonimento del Questore e l’applicazione del Protocollo Zeus, hanno reiterato nelle condotte maltrattanti e persecutorie: quest’ultimo protocollo, infatti, prevede un monitoraggio periodico dei casi più problematici, all’esito del quale per cinque soggetti recidivi è stata richiesta la Sorveglianza Speciale, che rappresenta pertanto una sorta di “valvola di sicurezza del sistema”.

È inoltre prassi corrente disporre, con lo stesso provvedimento che applica la Sorveglianza Speciale di P.S, una serie di prescrizioni idonee a contenere ulteriormente la pericolosità sociale del soggetto violento, al fine di tutelare le vittime, come ad esempio il divieto di avvicinarsi a meno di un chilometro dalle stesse, l’obbligo di cambiare strada in caso di incontro accidentale, il divieto assoluto di contattarle con qualunque mezzo.

Va inoltre evidenziato che la violazione delle prescrizioni contenute nel decreto che irroga la Sorveglianza Speciale integra una fattispecie di reato autonoma, prevista e punita all’articolo 75 del Codice Antimafia, che in alcuni casi consente anche l’arresto facoltativo in flagranza.

I risultati sono incoraggianti.

Dei 41 soggetti destinatari della misura della Sorveglianza Speciale di P.S. proposti dal Questore di Milano nell’ultimo triennio, soltanto uno ha violato le prescrizioni relative alla misura di prevenzione, con una percentuale di efficacia preventiva del 97,56%.

La repressione, tuttavia, non basta: come avviene per gli ammoniti del Protocollo Zeus, anche nei confronti dei sorvegliati speciali trova applicazione l’”ingiunzione trattamentale”, che consiste in un invito a frequentare un percorso di recupero psicologico volto a fargli comprendere il disvalore sociale della violenza in ogni forma di relazione interpersonale, nell’ottica di prevenire in futuro il ripetersi di comportamenti analoghi, anche nei confronti di nuovi partners. Si tratta oramai di una consolidata realtà nel contesto milanese, rispecchiando in pieno un visionario concetto teorizzato dal celeberrimo giurista Cesare Beccaria, peraltro anche lui meneghino: “Il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l’educazione”.


05/11/2020

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