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Arrestate dalla Squadra Mobile di Ascoli Piceno due extracomunitarie dedite alla tratta di minori.

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Ragazza indotta alla prostituzione

Arrestate dalla Squadra Mobile di Ascoli Piceno due extracomunitarie responsabili del reato di tratta di minori.

 

Su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania, personale della Squadra Mobile di Ascoli Piceno, con la collaborazione della Squadra Mobile di Catania, ha dato esecuzione a decreto di fermo di indiziato di delitto emesso in data 6.8.2016 nei confronti di nr. 2 persone, traendo in arresto:

 

  1. A. S. (classe 1986) tratta in arresto a Monsampolo del Tronto (AP);
  2. E. C. A. (classe 1995) tratta in arresto a Comunanza (AP);

 

gravemente indiziate del reato associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di tratta di persone in danno di connazionali di minore età, e del delitto di tratta di esseri umani, con l’aggravante della transnazionalità, per aver reclutato, introdotto, trasportato ed ospitato nel territorio dello Stato connazionali minorenni al fine di costringerle o indurle ad esercitare la prostituzione.

Il provvedimento restrittivo accoglie gli esiti di un’articolata attività investigativa di tipo tecnico coordinata dalla  Direzione Distrettuale Antimafia di Catania ed avviata dalla locale  Squadra Mobile nel decorso mese di febbraio a seguito di segnalazione effettuata da personale O.I.M. presente allo sbarco avvenuto ad Augusta (SR) relativa alla cittadina nigeriana Celestina - nome di fantasia, n.d.r.-  , minorenne, quale possibile vittima di tratta di persone.

La predetta, giuste indicazioni della competente Procura della Repubblica per i Minorenni, veniva collocata in una comunità, laddove successivamente rendeva dichiarazioni nel corso delle quali riferiva di essere partita dalla Nigeria alla volta dell’Europa - ove riteneva avrebbe svolto l’attività di parrucchiera - dopo avere contratto un debito di circa 30.000,00 (trentamila) euro con una madame già dimorante in Italia che l’aveva fatta sottoporre dalle sodali in Nigeria al rito magico denominato  “JuJu”, in forza del quale in caso di inadempimento del debito contratto, la sua famiglia sarebbe stata colpita da disgrazie di ogni genere. 

Celestina era giunta dalla Nigeria in Libia e infine era approdata sulle coste siciliane a seguito di viaggio via mare a bordo di un gommone, soccorso in alto mare.

Insieme a Celestina, salvata sul medesimo gommone, era giunta ad Augusta (SR) un'altra cittadina nigeriana di minore età, Felicia - nome di fantasia, n.d.r.-  anch’essa vittima della medesima organizzazione.

L’organizzazione diretta da A. S., chiamata “MadameS.”, riusciva a prelevare Felicia dalla comunità ove era stata collocata, ubicata nel comune di Noto (SR), affidandola alla sorella E. C. A. in provincia di Ascoli Piceno laddove la giovane vittima veniva costretta ad esercitare il meretricio su strada per saldare il c.d. “ingaggio per debito”.

Le indagini tecniche hanno consentito di riscontrare come l’organizzazione diretta e promossa da A. S., con base operativa in provincia di Ascoli Piceno, coadiuvata da E. C. A., curava i rapporti con i sodali in Nigeria e in Libia, seguendo il tragitto delle vittime attraverso l’Africa sino alle coste libiche e provvedendo alle erogazioni di danaro necessarie ad accelerarne l’imbarco verso l’Italia.

All’arrivo in Italia le vittime venivano agevolmente localizzate dall’organizzazione per essere “prelevate”, come ha dimostrato il caso di Felicia, dai luoghi ove risultavano collocate dalle Autorità italiane e condotte presso le loro sfruttatrici che le costringevano all’attività del meretricio che avrebbero dovuto svolgere e i cui proventi avrebbero dovuto integralmente consegnare ai propri aguzzini per adempiere gli obblighi assunti con il rito “JuJu”.

Particolare menzione meritano anche le acquisizioni relative alla condotta dei familiari delle giovani vittime di tratta: le sorelle che riuscivano a mantenere tramite i sodali in Nigeria rapporti costanti con i familiari delle ragazze, avevano cura di avvisarli e minacciarli ogni qual volta le giovani opponessero resistenze o non si impegnassero nel meretricio ovvero ancora si dessero alla fuga: in tal guisa si assicuravano una pressione costante sulle vittime che venivano esortate dagli stessi parenti ad obbedire ai propri sfruttatori e ad uniformarsi ai loro ordini, temendo la maledizione del “JuJu” cui la vittima era stata a suo tempo sottoposta ovvero temendo essi stessi di esser sottoposti a “JuJu” in sostituzione della parente inadempiente.

Le risultanze investigative complessivamente hanno confermato ancora una volta la centralità e l’importanza del nostro territorio per i recenti fenomeni migratori e per i traffici illeciti ad essi connessi: al riguardo il delitto di tratta di persone rappresenta la più grave delle fattispecie di reato previste dal legislatore anche per le sue implicazioni associative e per la sua vocazione transnazionale (tant’è che risulta attribuito alla competenza della DDA in fase di indagini e della Corte di Assise in fase dibattimentale) e pare esser divenuto di triste attualità in ragione del vieppiù crescente sfruttamento determinato dalle condizioni di povertà assoluta della popolazione subsahariana e del sempre più progressivo aumento degli arrivi via mare di  cittadini nigeriani di sesso femminile.

Si vuole evidenziare che il fenomeno ha palesato una sempre maggiore recrudescenza in relazione alla tratta avente come vittime giovani donne minorenni con vari sotterfugi introdotte nel territorio italiano e successivamente soggiogate dalle sfruttatrici per essere avviate alla prostituzione su strada.

Il G.I.P. del Tribunale di Ascoli Piceno, a cui sono stati trasmessi gli atti per la convalida del fermo con richiesta di custodia cautelare per le due donne, ha disposto la misura cautelare del carcere, accogliendo le risultanze evidenziatesi nell’attività di indagine.

 

 


17/08/2016

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